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eyedropper filler
<translate> Il cosiddetto eyedropper filler, come viene chiamato nel mondo anglosassone, è quello che da noi viene denominato spesso caricamento a caduta oppure, con una traduzione diretta, caricamento a contagocce. Si tratta del primo sistema di caricamento adottato nelle stilografiche ed in realtà non lo si può considerare neanche un vero e proprio sistema di caricamento, dato che in sostanza non esiste nessun "sistema".
In questo caso infatti il riempimento della penna avviene smontando il gruppo pennino dal fusto, che essendo cavo viene utilizzato direttamente come serbatoio. L'operazione di riempimento viene effettuata, ottenuto l'accesso al serbatoio, con l'immissione dell'inchiostro a caduta da effettuarsi in genere con un contagocce, che nelle versioni originali veniva fornito dal produttore stesso assieme alla penna. Completato il riempimento il gruppo pennino doveva essere rimontato sul fusto per poter utilizzare la penna.
Per la sua semplicità costruttiva questo "sistema" è stato adottato da tutti i produttori fin dall'800 agli albori dello sviluppo della penna stilografica, ed è rimasto in uso fino agli inizi del '900. Il sistema è semplice, specie nei termini dei requisiti tecnici per la costruzione, ed inoltre ha il vantaggio di consentire una grande capienza di inchiostro, maggiore di qualunque altro, in quanto determinata solo dalle dimensioni del corpo della penna.
Presenta però numerosi inconvenienti, il primo dei quali è senz'altro la scomodità delle operazioni di riempimento, dato che per ricaricare una penna occorre smontarne la sezione con il pennino, in genere umido di inchiostro, e riporlo in luogo separato dove non macchi e non rischi di cadere. Le operazioni di caricamento poi sono molto scomode, occorre avere un contagocce o attrezzo similare, ed in genere l'operazione del travaso di inchiostro, dovendo mantenere sempre ben verticale il corpo della penna che agisce da serbatoio, risulta essere delicata ed a rischio di macchie e versamenti di inchiostro.
Un secondo inconveniente origina poi dal fatto che con l'usura, specie nei modelli di qualità inferiore, avere l'inchiostro in contatto diretto con il corpo della penna può causare perdite in corrispondenza della giunzione fra fusto e gruppo pennino una volta che questa perde la sua tenuta. Inoltre, dovendo svitare ed avvitare quest'ultimo il rischio di macchiarsi le mani, specie in presenza di un corpo che è stato pieno di inchiostro fino ad allora è sempre piuttosto alto. Il corpo della penna poi doveva essere realizzato soltanto in materiale inerte che fosse capace di resistere al contatto con gli agenti corrosivi presenti negli inchiostri, che all'epoca della sua introduzione era soltanto l'ebanite.
Un ultimo inconveniente, spesso molto fastidioso, è che essendo in questo caso l'inchiostro contenuto direttamente nel corpo della penna, quando questa si svuota si determina una notevole sensibilità alle variazioni di pressione e temperatura dell'aria contenuta all'interno del fusto della penna, che è tanto maggiore quanto più grande è il volume disponibile. I problemi maggiori si avevano allora in caso di viaggi in aereo, dove le variazioni di pressione altimetrica causavano invariabilmente una fuoriuscita di inchiostro.
Ma con queste penne per causare una perdita spesso è sufficiente il solo calore della mano che impugna la penna. Questo viene trasmesso all'aria contenuta all'interno del fusto, provocandone una espansione che altera così l'equilibrio della pressione fra interno e esterno. Si ottiene così con relativa facilità una perdita di inchiostro. Benché oggi sia tornato di moda in qualche modello, per il suo gusto retrò, resta comunque, posto che lo si possa davvero considerare tale, un sistema di caricamento primitivo. </translate>