Differenze tra le versioni di "Sistemi di caricamento"

Da FountainPen.
Jump to navigation Jump to search
Riga 50: Riga 50:
  
 
Una variante degna di nota del sistema di caricamento [[safety]] è il peculiare sistema di caricamento adottato dalla [[Moore]] per le sue ''[[Non-Leakable]]'', per i quali sono stati depositati due distinti brevetti nel 1893 e nel 1896.  Il principio è sempre quello di utilizzare un gruppo pennino rientrante, ma in questo caso invece di utilizzare una vite elicoidale, si ha uno scorrimento di tipo lineare.  
 
Una variante degna di nota del sistema di caricamento [[safety]] è il peculiare sistema di caricamento adottato dalla [[Moore]] per le sue ''[[Non-Leakable]]'', per i quali sono stati depositati due distinti brevetti nel 1893 e nel 1896.  Il principio è sempre quello di utilizzare un gruppo pennino rientrante, ma in questo caso invece di utilizzare una vite elicoidale, si ha uno scorrimento di tipo lineare.  
 +
 +
[[Image:NonLeakableSchema.svg|center|500px|Schema di una penna con caricamento [[Non-Leakable]] ]]
  
 
Il sistema presenta, rispetto al tradizionale ''safety filler'' il vantaggio di una semplicità meccanica invidiabile, in questo caso infatti lo scorrimento del gruppo pennino è realizzato tramite l'uso di un manicotto posto sul fondo della penna che viene fatto scivolare avanti ed indietro sul fusto della stessa. Al fondo che chiude il manicotto è agganciato con un'asta il gruppo pennino, che emerge attraverso una guarnizione a tenuta stagna dal fondo del fusto; in questo modo può essere spostato in posizione di scrittura o fatto rientrare nel corpo della penna.  
 
Il sistema presenta, rispetto al tradizionale ''safety filler'' il vantaggio di una semplicità meccanica invidiabile, in questo caso infatti lo scorrimento del gruppo pennino è realizzato tramite l'uso di un manicotto posto sul fondo della penna che viene fatto scivolare avanti ed indietro sul fusto della stessa. Al fondo che chiude il manicotto è agganciato con un'asta il gruppo pennino, che emerge attraverso una guarnizione a tenuta stagna dal fondo del fusto; in questo modo può essere spostato in posizione di scrittura o fatto rientrare nel corpo della penna.  

Versione delle 00:49, 24 feb 2008

La creazione di nuovi sistemi di caricamento è sempre stata, specie negli anni del periodo d'oro dello sviluppo della penna stilografica, uno dei maggiori fattori di innovazione tecnica, e per questo anche ragione della nascita di nuove aziende; in questo campo gli esempi più famosi sono la Conklin, nata per l'invenzione del Crescent filler e la Sheaffer, che entrò sul mercato con la creazione del caricamento a levetta, ma molte altre aziende minori (come la Dunn o la Chilton) hanno avuto una simile origine.

La storia della penna stilografica è infatti indissolubilmente legata a quella dei vari sistemi che sono stati ideati negli anni per effettuarne il caricamento dell'inchiostro. In particolare nei primi anni del '900 tutti i produttori facevano a gara per introdurre nuovi e spesso complicati sistemi di caricamento che poi venivano usati per promuovere la superiorità delle loro penne.

Si sono riportati qui di seguito i principali sistemi di caricamento adottati dai vari produttori nel corso della lunga storia della penna cronologica. I vari sistemi sono stati raggruppati per affinità di funzionamento, ed i gruppi sono presentati in approssimativo ordine cronologico.

Caricamento diretto

Si sono classificati in questo primo raggruppamento tutti quei sistemi diriempimento che prevedono il caricamento della penna attraverso l'immissione dell'inchiostro all'interno del corpo della stessa effettuata direttamente da parte dell'utilizzatore. Si tratta dei sistemi di caricamento più primitivi, utilizzati agli albori della storia della stilografica. Nella gran parte dei casi sono stati sostituiti a partire dagli anni '10 da sistemi che consentissero il riempimento automatico.

Nei sistemi illustrati in questa sezione il corpo della penna svolge anche la funzione di serbatoio, e non esiste un meccanismo che permetta di automatizzare il caricamento dell'inchiostro, che in genere viene immesso tramite un contagocce; le varianti proposte attengono soltanto alle diverse metodologie utilizzate per dare accesso al serbatoio.

eyedropper filler

Si suole chiamare così il cosiddetto caricamento a contagocce, che in realtà non si può considerare un vero e proprio sistema di riempimento, dato che in realtà non esiste nessun "sistema". In questo caso infatti il caricamento della penna avviene smontando il gruppo pennino dal fusto della penna, che essendo cavo viene utilizzato come serbatoio. L'operazione di riempimento viene effettuata, ottenuto l'accesso al serbatoio, con l'immissione dell'inchiostro a caduta da effettuarsi con un contagocce. che spesso veniva fornito dal produttore stesso assieme alla penna. Completato il riempimento il gruppo pennino doveva essere rimontato sul fusto per poter utilizzare la penna.

Schema di una penna con caricamento a contagocce

Per la sua semplicità costruttiva questo "sistema" è stato adottato da tutti i produttori fin dall'800 agli albori dello sviluppo della penna stilografica, ed è rimasto in uso fino agli inizi del '900. Il sistema è semplice, specie nei termini dei requisiti tecnici per la costruzione, ed inoltre ha il vantaggio di consentire una grande capienza di inchiostro, determinata solo dalle dimensioni del corpo della penna; presenta però numerosi inconvenienti, il primo dei quali è senz'altro la scomodità delle operazioni di riempimento, dato che per ricaricarla occorre smontare la penna.

Un secondo inconveniente origina poi dal fatto che con l'usura, specie nei modelli di qualità inferiore, avere l'inchiostro in contatto diretto con il corpo della penna può causare perdite in corrispondenza della giunzione fra fusto e gruppo pennino. Inoltre, dovendo svitare ed avvitare quest'ultimo il rischio di macchiarsi le mani è sempre piuttosto alto. Il corpo della penna poi doveva essere realizzato soltanto in materiale inerte che fosse capace di resistere al contatto con gli agenti corrosivi presenti negli inchiostri (all'epoca questo era solo l'ebanite).

Un ultimo inconveniente, spesso molto fastidioso, è che essendo in questo caso l'inchiostro contenuto direttamente nel corpo della penna, quando questa si svuota si determina una notevole sensibilità alle variazioni di pressione e temperatura dell'aria contenuta all'interno del fusto della penna, che è tanto maggiore quanto più grande è il volume disponibile. I problemi maggiori si avevano allora in caso di viaggi in aereo, dove le variazioni di pressione altimetrica causavano invariabilmente una fuoriuscita di inchiostro.

Ma con queste penne per causare una perdita spesso è sufficiente il solo calore della mano che impugna la penna. Questo viene trasmesso all'aria contenuta all'interno del fusto, provocandone una espansione che altera così l'equilibrio della pressione fra interno e esterno. Si ottiene così con relativa facilità una perdita di inchiostro.

safety filler

Viene chiamato così il cosiddetto caricamento di sicurezza, che nasce come evoluzione del sistema di caricamento a contagocce. Per semplificare le operazioni di riempimento ed evitare fuoriuscite di inchiostro in conseguenza di differenze di pressione e temperatura, in questo caso il gruppo pennino viene montato su di un meccanismo che consente di ritrarlo all'interno del corpo della penna. Da questa caratteristica viene anche il nome di rientranti con cui spesso si identificano le penne che usano questo caricamento.

Schema di una penna con caricamento Safety

Il sistema prevede che, fatto rientrare il pennino nel corpo della penna, quest'ultimo diventi accessibile per il riempimento, da effettuare tramite il solito contagocce. In questo caso si ha meno volume disponibile per l'inchiostro, essendo l'interno del fusto occupato anche dal meccanismo, ma comunque sempre più che sufficiente. Per poter usare la penna basterà riutilizzare il meccanismo alla rovescia per riportare il pennino in posizione di lavoro, facendolo uscire dal corpo della penna.

Una volta che il pennino è rientrato all'interno del fusto, la penna può essere chiusa ermeticamente utilizzando un cappuccio a fondo piatto fornito di adeguate guarnizioni che permettono di garantirsi totalmente contro la fuoriuscita di inchiostro, caratteristica a cui è dovuto il nome safety con viene chiamato questo caricamento. In questo caso infatti non esiste la possibilità che l'inchiostro, a causa di scompensi di pressione, possa fuoriuscire dal pennino e depositarsi nel cappuccio, dato che quest'ultimo serve semplicemente come tappo per il fusto; tutti gli scompensi di pressione poi vengono immediatamente eliminati all'apertura del cappuccio.

Questa caratteristica di sicurezza fu un grosso passo avanti in un'epoca in cui le perdite di inchiostro erano molto comuni, e la tenuta dei cappucci, spesso bloccati semplicemente a pressione sul fusto della penna, era assai problematica. Da questo punto di vista le penne safety restano comunque superiori a qualunque penna moderna. Inoltre la chiusura ermetica del cappuccio, che comprende anche l'insieme del pennino, consente di ridurre praticamente a zero le possibilità di evaporazione dell'inchiostro, che molto difficilmente si seccherà all'interno della penna, consentendo così anche l'utilizzo di inchiostri molto più densi rispetto a quelli ordinari. Per queste caratteristiche peculiari la Waterman ha continuato a produrre una linea di queste penne sino agli inizi degli anni '40, rivolta ad artisti e musicisti e aviatori.

Il fascino di questo sistema di caricamento risiede nella complessità meccanica della sua realizzazione, che spesso mostra i vertici delle tecnologie dell'epoca: il gruppo pennino infatti viene fatto spostare grazie ad una vite elicoidale azionata dalla rotazione del fondello della penna. In posizione di lavoro esso andrà a chiudere ermeticamente il fusto tramite una guarnizione, mentre in posizione di riposo lascerò completo accesso all'interno della penna.

Con queste penne è fondamentale ricordarsi di aprire il cappuccio sempre in posizione verticale, e di non richiuderlo mai senza avere prima ritratto completamento il pennino all'interno del fusto, per evitare di danneggiarne la punta. Dato che questo era un inconveniente comune alcuni modelli (si attribuisce la prima introduzione di questa innovazione alla Montblanc) prevedono la presenza di un apposito meccanismo di sicurezza (in genere uno spillo montato al centro del cappuccio che va a battere sul gruppo pennino), che così ne impedisce la chiusura se questo non è stato completamente ritirato all'interno del corpo della penna.

Il safety filler nasce negli Stati Uniti nell'ultimo decennio del 1800, benché non sia possibile definirne in maniera precisa un inventore, se ne attribuisce se non l'invenzione almeno l'introduzione sul mercato alla Waterman, che è stato il principale e quasi unico produttore statunitense ad adottarlo su larga scala. Esso però ha avuto un successo molto più grande in Europa, dove all'inizio del secolo praticamente tutti i produttori (ed in particolare quelli tedeschi, fra cui spicca la Kaweco, che ne realizzò anche alcuni sviluppi) facevano uso di questo sistema, e dove è rimasto in produzione molto più a lungo.

Benché lo sia classificato, forse ingiustamente, fra i sistemi di caricamento primitivi, in realtà il safety filler ha resistito sul mercato molto più a lungo di altri sistemi di riempimento creati in periodi successivi. In particolare in Europa si trovano in produzione modelli di serie che lo utilizzano fino agli anni '20. A causa del suo valore storico, che lo vede essere sostanzialmente il primo sistema meccanico dedicato al riempimento della penna, esso continua a riscuotere un innegabile interesse da parte dei collezionisti, molti dei quali hanno una particolare predilezione per le penne rientranti.

Moore non-leakable filler

Una variante degna di nota del sistema di caricamento safety è il peculiare sistema di caricamento adottato dalla Moore per le sue Non-Leakable, per i quali sono stati depositati due distinti brevetti nel 1893 e nel 1896. Il principio è sempre quello di utilizzare un gruppo pennino rientrante, ma in questo caso invece di utilizzare una vite elicoidale, si ha uno scorrimento di tipo lineare.

Schema di una penna con caricamento Non-Leakable

Il sistema presenta, rispetto al tradizionale safety filler il vantaggio di una semplicità meccanica invidiabile, in questo caso infatti lo scorrimento del gruppo pennino è realizzato tramite l'uso di un manicotto posto sul fondo della penna che viene fatto scivolare avanti ed indietro sul fusto della stessa. Al fondo che chiude il manicotto è agganciato con un'asta il gruppo pennino, che emerge attraverso una guarnizione a tenuta stagna dal fondo del fusto; in questo modo può essere spostato in posizione di scrittura o fatto rientrare nel corpo della penna.

Con il pennino in posizione rientrata la penna può essere caricata o chiusa come una qualunque altra safety tradizionale, tanto che la Moore commercializzava le proprie penne facendole uscire dalla fabbrica già cariche di inchiostro, come ulteriore prova a sostegno della effettiva veridicità del loro nome Non-Leakable.

La semplicità meccanica del sistema, basato sul semplice scorrimento lineare di un'asta, è il punto di forza di questo meccanismo, nettamente più robusto e facile da realizzare rispetto alla complessità di quello presente nelle altre penne rientranti; tutto quello che era richiesto era una buona precisione nelle tolleranze della lavorazione meccanica e delle guarnizioni di buona qualità.

Compressione diretta del sacchetto

All'inizio del '900 ci fu un grande impulso nella ricerca di un sistema che consentisse di eseguire in maniera automatica l'operazione di riempimento. In questo periodo si iniziarono a produrre una serie di sistemi di caricamento che prevedevano di mantenere l'inchiostro all'interno di un sacchetto di gomma elastica. In questo modo si poteva eseguire il caricamento comprimendo il sacchetto vuoto, così da sfruttare la successiva espansione dello stesso per risucchiare l'inchiostro dalla bottiglia immergendovi il gruppo pennino.

L'idea di usare un sacchetto di gomma come serbatoio per l'inchiostro consentiva di risolvere alcuni dei problemi riscontrati fino ad allora. In particolare non essendo più l'inchiostro in contatto con il materiale del fusto della penna si potevano utilizzare anche materiali suscettibili di corrosione. Inoltre se il serbatoio di gomma è ben posizionato e non viene posto in contatto con le pareti del fusto, lo strato di aria che lo separa da questo fa da isolante termico, e l'elasticità del sacchetto compensa il problema dell'aumento di pressione per il calore trasmesso dalla mano che impugna la penna.

Esistono però anche degli inconvenienti: anzitutto diminuiscono le dimensioni del serbatoio, dato che lo spazio interno al fusto della penna deve contenerlo, insieme a tutto quanto necessario per il sistema di compressione. Inoltre i sacchetti tendono a deteriorarsi, rompendosi o perdendo l'elasticità, e devono essere sostituiti, introducendo così tutta una serie di problematiche di manutenzione. Infine aumenta notevolmente la complessità di costruzione, e con questo le possibilità di guasto.

In questa seconda sezione si sono raccolti tutti i sistemi di caricamento più semplici e primitivi che prevedono una qualche forma di azione di compressione meccanica eseguita direttamente sul serbatoio in gomma. o meglio sulla cosiddetta pressure bar una barretta metallica (in italiano sarebbe chiamata barretta di compressione) che viene appoggiata (o incollata) sul sacchetto in modo da consentire di applicare la compressione sullo stesso in maniera uniforme.

crescent filler

Il primo sistema di caricamento automatico veramente efficiente e funzionale basato sulla compressione di un serbatoio in gomma è stato il famoso crescent filler, ideato da Roy Conklin, che venne introdotto sul mercato nel 1901 dalla omonima ditta da lui fondata, primo esempio del successo di una marca dovuto all'invenzione di un meccanismo di caricamento innovativo.

Il crescent filler è basato sulla realizzazione di una particolare barretta di pressione su cui viene saldato un archetto metallico a forma di mezzaluna (da cui deriva il nome dato al sistema dal suo inventore). L'archetto fuoriesce dal corpo della penna attraverso una fessura laterale praticata sul fusto della stessa. Premendo sull'archetto si può comprimere direttamente il serbatoio ed effettuare così in maniera semplice e veloce il riempimento della penna.

Per evitare di premere accidentalmente il crescent filler le penne erano inoltre dotate di un fermo ad anello andava ad incastrarsi nella fessura sotto l'archetto, in modo che questo fosse bloccato in posizione aperta fuori dalla penna. Quando era necessario caricare la penna bastava ruotare l'anello, tagliato su un lato, per portare la posizione del taglio in corrispondenza della fessura, in modo che l'archetto potesse scendere.

Il sistema era semplice ed efficace, e consentiva anche un caricamento migliore rispetto al successivo riempimento a levetta, in quanto si poteva comprimere completamente il serbatoio di gomma. Nonostante la sua superiorità tecnica però la sporgenza dell'archetto dal corpo della penna risultava parecchio sgradevole dal punto di vista estetico, e questo ne decretò l'inesorabile declino.

match-stick filler

Il sistema di riempimento a stuzzicadenti è uno dei tanti sistemi ideati all'inizio del secolo per cercare di automatizzare il caricamento dell'inchiostro nella penna stilografica. In questo caso si trattava di comprimere il serbatoio di gomma attraverso l'uso di uno stuzzicadenti che andava a premere, attraverso un foro praticato sul fusto della penna, sulla barretta di compressione.

I problemi di questo meccanismo erano per lo più collegati al fornire un adeguato posizionamento alla pressure bar (in genere veniva incollata). Il sistema non era particolarmente robusto, né elegante, e supponeva comunque il possesso di uno stuzzicadenti, senza il quale risultava inutile. Inoltre in caso di rottura del sacchetto di gomma l'inchiostro poteva fuoriuscire dal forellino presente sul corpo della penna.

coin filler

Il sistema di riempimento a moneta è una variante del precedente ristema a a stuzzicadenti in cui al posto di quest'ultimo si utilizzava una moneta. Anche in questo caso la pressione veniva esercitata attraverso una fessura praticata sul bordo della penna. Gli inconvenienti sono sostanzialmente gli stessi del precedente caricamento a stuzzicadenti, leniti dal fatto che una moneta è un oggetto generalmente più comune. Le maggiori dimensioni della fessura sul corpo penna rendeva però la penna meno elegante e più soggetta a problemi.

Il sistema venne utilizzato dalla Waterman in alcuni modelli fra il 1913 ed il 1914, che venivano venduti forniti di una apposita moneta. La scarsa praticità del sistema ne portò alla dismissione in meno di un anno, cosa che rende queste penne (che talvolta possono essere confuse con modelli successivi a levetta, ma mancanti della stessa) piuttosto rare. Ma ancor più rare e molto ricercate dai collezionisti, sono le monete fornite insieme alla penna, dato che la maggior parte di queste andava persa.

sleeve filler

Lo sleeve filler è uno dei tanti sistemi di caricamento sperimentati all'inizio del '900, in particolare venne adottato dalla Waterman che lo utilizzò dal 1910 al 1915. Questo sistema di caricamento si basa sullo spostamento appunto di un manicotto che fascia il fusto della penna per celare una apertura di grandi dimensioni praticata su un lato dello stesso. Spostando il manicotto, che protegge l'apertura, si ottiene un accesso diretto alla barra di pressione (su cui in genere veniva montato un pulsante a rilievo in corrispondenza dell'apertura) che può essere così premuta usando la punta delle dita.

La presenza del manicotto che fascia il fusto in corrispondenza all'apertura rende però non uniformi le dimensioni del corpo della penna, che quindi risultano spesso poco gradevoli dal punto di vista estetico. Inoltre si aumenta di molto la complessità meccanica della penna e la sua fragilità generale. Per questo motivo questo sistema di caricamento ha visto una diffusione ridotta ed venne ben presto abbandonato.

Una seconda versione, molto più sofisticata, di questo sistema di caricamento venne adottata dalla LeBoeuf nel 1930. In questo caso non si aveva un manicotto, ma era l'intero fusto della penna che poteva venire sganciato dal gruppo pennino, andando a scorrere su un cilindro interno realizzato in metallo, sul quale era di nuovo presente una apertura laterale per la pressione diretta sul serbatoio. In questo caso si era ottenuta un fusto uniforme di forma cilindrica che non presentava fessure, neanche per l'alloggiamento della levetta.

Caricamenti a leva

Si sono riuniti in questo gruppo tutti i sistemi di caricamento basati sulla compressione meccanica del serbatoio di gomma tramite un meccanismo basato sul principio della leva. Molti di questi sistemi sono nati come tentativo di aggirare il brevetto originale della Sheaffer, o per trovare alternative che potessero distinguere le penne che li utilizzavano rispetto ai concorrenti.

Il principio di questi sistemi di caricamento resta sempre quello della compressione, e successiva espansione per risucchiare l'inchiostro dalla bottiglia, di un serbatoio in gomma; valgono pertanto le considerazioni generali su vantaggi e svantaggi fatte nel paragrafo precedente. La sostanziale differenza è nel meccanismo con cui si effettua la compressione, comunque anche in questo caso si fa in genere ricorso ad una pressure bar per distribuire uniformemente la pressione sul sacchetto.

lever filler

Il caricamento a levetta è probabilmente il sistema di caricamento più diffuso fra le penne d'epoca (ed è anche stato utilizzato, come forma di revival, da alcuni produttori moderni). Introdotto per la prima volta su una penna dalla Sheaffer nel 1912, è stato realizzato in innumerevoli varianti e versioni, molte delle quali, spesso tecnicamente inferiori, sono state create soltanto per poter aggirare il brevetto che copriva l'invenzione originale di Walter Sheaffer che origina addirittura al 1907.

Nel caso del brevetto della Sheaffer il meccanismo prevede l'applicazione della pressione al sacchetto utilizzando una leva che va a premere su una barretta metallica elastica (la cosiddetta spring bar) sagomata forma di "J", questa viene inserita nel corpo della penna con la parte curva verso il fondo in modo da fare aderire la parte diritta su fusto della penna in corrispondenza della levetta.

In posizione di riposo la levetta viene alloggiata orizzontalmente in una fessura praticata lateralmente nel corpo della penna. Nella versione originale di Sheaffer essa viene mantenuta in posizione tramite un sottile perno metallico che la attraversa centralmente, inserito direttamente nel fusto della penna, traforato per l'occorrenza. Sollevando la levetta da un lato l'altro spinge verso il basso la spring bar che così comprime il sacchetto.

Come accennato esistono numerose versioni diverse di questo meccanismo. La Waterman ad esempio, per eludere il brevetto della Sheaffer, introdusse una leva imperniata all'interno di in una gabbietta metallica che conteneva tutto il meccanismo. Questa a sua volta veniva fissata con delle alette alla penna utilizzando come alloggiamento una apposita fessura laterale creata nel fusto.

Un sistema più efficiente, utilizzato in seguito da altri produttori compresa la stessa Sheaffer prevede invece che la levetta sia mantenuta nella sua posizione tramite un anello metallico che la attraversa. Questo viene inserito all'interno della penna in una e mantenuto in posizione tramite una apposita scanalatura praticata sul fusto, in corrispondenza dell'apertura laterale da cui si manovra la levetta. Questo sistema presenta il notevole vantaggio di una maggiore robustezza meccanica, dato che non necessita di praticare fori nel materiale del fusto, che per le penne in ebanite risultava spesso piuttosto fragile.

Altre variazioni del sistema attengono alle modalità con cui la levetta si aggancia alla spring bar; ad esempio la Eversharp non utilizzata una barretta flessibile ma una barretta piatta con i lati ripiegati ad "U", ancorata su un gancio sul fondo della penna. La levetta era dotata sull'estremità esterna di due punte che andavano ad alloggiarsi nel binario ricavato dalla ripiegatura della barretta.

La Conklin con la Endura introdusse una versione del caricamento in cui soltanto la metà della levetta che veniva sollevata era esposta esternamente, riducendo le dimensioni della fessura di alloggiamento della stessa. Inoltre il meccanismo utilizzato dalla Conklin non utilizzava una spring bar, ma una barra di pressione era incastrata direttamente sulla levetta tramite due piccoli gancetti all'interno della stessa, che andavano ad incastrarsi in una apposito aggancio sulla barra.

Una ulteriore versione degna di nota è quella della Carter (derivata pare da un brevetto della DeWitt-LaFrance), che presenta una sorta di guinzaglio attaccato alla levetta che ne impedisce il ribaltamento una volta raggiunta la posizione verticale.

Infine una particolare versione di riempimento a levetta è quello della Skyline della Eversharp, che potrebbe essere classificato anche fra i caricamenti a sfiatatoio. In tal caso infatti all'interno del serbatoio in gomma si ha uno sfiatataio, e la spring bar è più corta e volta a comprimere solo la parte finale del sacchetto. La penna viene caricata ripetendo più volte l'azione di pressione con la levetta, usando il principio classico dello sfiatatoio.

spoon filler

Il sistema di caricamento a cucchiaio deve il nome alla forma che la barra con cui si va ad eseguire la compressione del serbatoio, che ricorda appunto quella di un cucchiaio. In questo caso la pressione viene esercitata sull'estremità allargata del cucchiaio, a cui si accede svitando un fondello di copertura posto sul fondo del corpo della penna. La barra è opportunamente incernierata al fondo del fusto, così che la pressione sul cucchiaio, spostando solidalmente la sezione interna della barra, fa sì che questa vada a premere sul sacchetto.

Hanno usato questo tipo di caricamento varie aziende, come la Columbus, che ne brevettò una versione nel 1929.

hatchet filler

In realtà trattasi in questo caso di due sistemi di caricamento completamente diversi, chiamati però dai rispettivi produttori con lo stesso nome. Il primo è quello usato dalla Holland dal 1908 al 1912, in questo caso si aveva di nuovo una barra di pressione posta in corrispondenza di una fenditura, soltanto che in questo caso questa era aperta da una parte, mentre dall'altra era disposta una leva a forma di "P".

La leva era incernierata su uno dei suoi estremi (il gambo della "P") in corripondenze della fine della fenditura, e rientrava con la parte sporgente all'interno del corpo della penna, sul fondo della stessa. Per il caricamento la leva veniva estratta e ribaltata di 180°, per poter andare a premere sulla barra di pressione usando la parte sporgente.

Il secondo sistema è quello usato dalla Crocker intorno al 1910, in questo caso il fondello stesso è ancorato ad una leva, che alzata in posizione verticale va a comprimere il sacchetto. Per essere utilizzato il fondello veniva svitato, dopo di che si poteva azionare la leva. Tenendolo avvitato la leva veniva bloccata in posizione di riposo, evitando così pressioni accidentalil

levetta di fondo

In questo caso si tratta di una particolare versione di caricamento a leva ideato dalla Aurora ed utilizzato a partire dal 1930 per il modello Novum. In questo caso la levetta è molto corta e posizionata su una fessura praticata sul fondo della penna, alzandola si va a premere su una barra di pressione interna che a sua volta comprime il serbatoio.

Il sistema è piuttosto complesso e delicato (date le piccole dimensioni della leva gli sforzi da applicare sono maggiori), e la sua unica ragione d'essere è quella estetica di evitare una fessura su un lato della penna. Non sono noti altri produttori che abbiano adottato questo sistema.


Caricamento a compressione meccanica del serbatoio

Si sono riuniti in questa sezione tutti gli altri sistemi di caricamento basati sempre sulla compressione meccanica di un serbatoio in gomma, ma effettuata tramite un sistema meccanico che non si riferisce direttamente al principio della leva, e pertanto usato come alternativa legalmente inoppugnabile sul piano brevettuale al sistema introdotto dalla Sheaffer.

button filler

Il principale sistema di caricamento di questo gruppo è il cosiddetto sistema a pulsante di fondo, introdotto dalla Parker nel 1916. Il sistema nasce dalla necessità di trovare una alternativa al caricamento a levetta della Sheaffer che non ne copiasse il design evitanto così tutti i possibili problemi legali dovuti ai brevetti.

In questo caso il sistema prevede che la compressione del sacchetto di gomma sia effettuata attraverso una barretta di metallo flessibile che viene fatta incurvare premendola tramite un pulsante posto sul fondo della penna.


twist filler

Come indicato dal nome, nel sistema di caricamento a torsione la compressione del serbatoio avviene appunto attraverso l'esecizio di una torsione sullo stesso. In questo tipo di caricamento in generale il serbatoio viene realizzato non con un sacchetto, ma con un tubo di gomma la cui estremità posteriore è incollata al fondello del corpo della penna che può essere ruotato, in modo da generare la torsione che strizza letterlamente lo stesso.

Benché presenti alcuni vantaggi rispetto al tradizionale caricamento a levetta, come una maggiore semplicità meccanica ed il pregio dal punto di vista estetico di non necessitare di una apertura laterale sul corpo della penna, il principale difetto di questo sistema, che ne decretò il sostanziale insuccesso, era la facilità con cui il serbatoio poteva rompersi a causa della torsione.

Il sistema è stato usato principalmente dalla A. A. Waterman che intorno al 1902 acquisì un brevetto (il numero 744.642 attribuito a Harry W. Stone) ad esso relativo. Altre aziende introdussero sistemi analoghi, o ispirati allo stesso principio della torsione, come il leverless della Swan.

leverless

Questo sistema di caricamento venne adottato dalla Swan nel ...

Caricamento pneumatico

Si sono classificati in questa sezione i sistemi di caricamento basati sulla compressione pneumatica di un sacchetto di gomma flessibile. Quest'ultimo viene compresso dalla pressione atmosferica generata dal sistema di caricamento per farne uscire l'aria che verrà sostituita dall'inchiostro nella fase di decompressione in cui il sacchetto si riporta per elasticità alle sue dimensioni normali.

blow filler

La prima versione funzionante di caricamento pneumatico si può considerare il blow filler creato da Seth Sear Crocker nel 1902. Il sistema era molto semplice sia in termini di modalità di funzionamento che di realizzazione costruttiva, ma era piuttosto scomodo da usare.

Nel blow filler infatti la pressione pneumatica viene generata direttamente dall'utilizzatore della penna che deve soffiare (da questo il deriva il nome) all'interno del fusto attraverso un apposito foro praticato sul fondo dello stesso. La pressione così generata comprime il sacchetto interno e permette il conseguente caricamento della penna.

Ovviamente per poter utilizzare il blow filler occorrono buoni polmoni per poter soffiare con forza, ed occorre farlo in una posizione in cui la penna ha il pennino immerso nell'inchiostro, cosa che rende questo sistema di caricamento tutt'altro che comodo. Per questo motivo le penne venivano fornite anche con una pompetta da utilizzare come ausilio per il caricamento.

Per la sua scarsa praticità il sistema ebbe vita breve e venne usato esclusivamente dalla Crocker, che cercò comunque delle alternative con il suo hatchet filler, ma da esso deriva il sistema pneumatico della Chilton realizzato dal figlio di Seth Crocker, che pur essendo uno dei sistemi più originali ed efficaci mai realizzati, non conobbe ugualmente il successo che avrebbe meritato.

pneumatic filler

Nel 1924 Seth Chilton Crocker riprese il sistema di caricamento ideato dal padre Seth Sear Crocker perfezionandolo ulteriormente. Il nuovo sistema si basava sul fatto di rendere il corpo della penna scorrevole intorno ad un tubo metallico avvitato sul gruppo pennino cui era montato il classico sacchetto di gomma da comprimere. Per eseguire questa azione il fusto esterno della penna poteva scorrere sul fusto interno e la tenuta stagna fra i due era realizzata da un filo incerato posto in coda al cilindro metallico interno.

Il fusto esterno della penna aveva, come per il blow filler un foro di areazione sul fondo. Il riempimento si ottiene facendo scorrere indietro il corpo della per poi riportarlo in posizione tenendo chiuso con un dito il foro sul fondo. In questo modo la pressione generata sul sacchetto ne provoca la compressione, ma una volta lasciato libero il foro di areazione la successiva espansione del sacchetto causerà la suzione dell'inchiostro.

Il sistema era semplice, funzionale e robusto, tutto lo spazio compreso nel fusto interno era utilizzabile per il sacchetto (senza necessità di una barra di pressione come per il caricamento a levetta) che permetteva alla Chilton di avere una autonomia nettamente superiore alle concorrenti. Inoltre questo semplice meccanismo è molto semplice da riparare, basta svitare il fusto interno per sostituire il sacchetto. Infine la presenza del foro di areazione permetteva di mantenere bilanciata la pressione interna della penna, così che essa non presentava problemi di perdite o di assenza di inchiostro in caso di variazioni di pressione o temperatura.

La semplicità era un punto di forza della Chilton, il fusto esterno non era neanche ancorato al gruppo pennino, dato che questo non era necessario poiché per la precisione meccanica della lavorazione non scorreva durante l'uso. L'unico svantaggio era che per funzionare la penna richiedeva una maggiore lunghezza del gruppo pennino per poter maneggiare la penna una volta ritratto il corpo per il caricamento, che doveva essere effettuato con due mani. Dato che la filettatura per il cappuccio era posta sul fusto esterno della penna, (in modo che questo fosse bloccato quando la penna veniva chiusa), la cosa comportava anche una maggiore lunghezza del cappuccio, e quindi un aspetto poco proporzionato.

Per questo motivo nel 1927 venne creata una seconda versione del sistema di caricamento, in cui il fusto esterno era ancorato in maniera convenzionale al gruppo pennino, ed al suo posto veniva utilizzato per generare la depressione un secondo tubo metallico posto fra questo ed il fusto interno. Il sistema di depressione era ancorato al fondello della penna che costituiva un cappuccio cieco, in questo modo era sufficiente svitare il fondello della penna per effettuare il caricamento, che a questo punto poteva essere eseguito anche con una sola mano.

touchdown

Introdotto dalla Sheaffer nel

snorkel

Introdotto dalla Sheaffer nel

Caricamento a sfiatatoio

Questi sistemi di caricamento sono accomunati dallo sfruttare la presenza di uno sfiatatoio (il cosiddetto breather tube) che consente di eseguire il caricamento ripetendo più volte una azione che consente di creare una piccola pressione depressione all'interno del serbatoio della penna.

Lo sfiatatoio è posto nel serbatoio della penna: in fase di compressione l'aria presente esce dallo sfiatatoio, da cui viene poi caricato l'inchiostro, che finisce nel serbatoio, a causa della depressione venutasi a creare; la presenza dello sfiatatoio fa sì che l'inchiostro caricato non venga espulso nelle successive fasi di compressione, fintanto che non si arrivi a riempire tutto il serbatoio fino al livello dello sfiatatoio.

La presenza dello sfiatatoio ha inoltre un secondo effetto positivo perché consente di equilibrare immediatamente la pressione dell'aria interna al corpo della penna con quella dell'aria esterna, che sono posti in contatto tramite lo sfiatatoio, si evitano così i vari problemi di fuoriuscita dell'inchiostro in caso di sbalzi di pressione.

bulb filler

Il caricamento a pompetta è il capostipite dei sistemi di caricamento basati sulla presenza di uno sfiatatoio. Le suo origini sono incerte, uno dei primi esempi è senz'altro quello della Postal del ...

vacumatic

Introdotto nel

aerometric

Introdotto nel

stantuffo tuffante

Si tratta del sistema di caricamento introdotto dalla OMAS nel 1936 con il modello Lucens, anche se un sistema sostanzialmente identico si trova sulle penne della Dunn risalenti a ben quindici anni prima.

fisarmonica

Si è chiamato così l'originalissimo e funzionale sistema di caricamento adottato dalla Stylomine per la sua 303 nel ...

Caricamento a depressione

Si sono riuniti in questo gruppo tutti quei sistemi che prevedono che il caricamento avvenga attraverso la realizzazione di una depressione all'interno del corpo della penna in modo che l'inchiostro venga risucchiato tramite questa. In questo caso è in genere il corpo stesso della penna a fare da serbatoio, e può essere costruito in materiale trasparente così da consentire la visualizzazione del livello di inchiostro.

Come per gli altri sistemi che usano il corpo della penna come serbatoio anche in questo caso si ha il vantaggio di poter disporre di un maggior volume per contenere l'inchiostro, ma si ripresenta lo svantaggio che l'aria residua contenuta nel serbatoio è sensibile alle variazioni di temperatura, il che rende più facile, per l'aumento di volume in caso di riscaldamento, i casi di perdite di inchiostro, specie quando la penna è quasi scarica ed il volume di aria maggiore.

vacuum filler

Più propriamente si può parlare in questo caso di caricamento a siringa rovesciata.

piston filler

siringa

Altri

Si sono riuniti in quest'ultimo gruppo tutti gli altri sistemi di caricamento, accomunati proprio dal fatto di non aver un fattore comune che consente di classificarli in maniera omogenea.

capillarity filler

Il solo esempio pratico di penna ad utilizzare questo sistema è la Parker 61,

cartridge filler

converter

Riferimenti esterni