Differenze tra le versioni di "Produttori minori italiani"

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In realtà con il marchio [[Radius]] si indica la produzione di prima fascia della ditta [[SAFIS]] sigla che sta per ''Società Anonima Fabbrica Italiana Stilografiche'', una azienda torinese fondata dal signor Lattes ed in attività fra gli anni '30 e '50 in via Ormea a Torino. A detta azienda viene anche riferita la produzione a marchio [[Astura]] e, sia pure con molta incertezza e forse limitata ad alcuni modelli, quella del marchio [[The King]]. Non esistono dati sicuri né documenti che permettano di stabilire con certezza una data di fondazione della [[SAFIS]], ma l'inizio della produzione sembra risalire alla seconda metà degli anni '20. Non ci sono invece<ref>almeno secondo quanto riportato da Letizia Jacopini nel suo libro ''La storia della stilografica in Italia''.</ref> relazioni accertate con la [[CISEA]] citata negli articoli indicati in seguito.
 
In realtà con il marchio [[Radius]] si indica la produzione di prima fascia della ditta [[SAFIS]] sigla che sta per ''Società Anonima Fabbrica Italiana Stilografiche'', una azienda torinese fondata dal signor Lattes ed in attività fra gli anni '30 e '50 in via Ormea a Torino. A detta azienda viene anche riferita la produzione a marchio [[Astura]] e, sia pure con molta incertezza e forse limitata ad alcuni modelli, quella del marchio [[The King]]. Non esistono dati sicuri né documenti che permettano di stabilire con certezza una data di fondazione della [[SAFIS]], ma l'inizio della produzione sembra risalire alla seconda metà degli anni '20. Non ci sono invece<ref>almeno secondo quanto riportato da Letizia Jacopini nel suo libro ''La storia della stilografica in Italia''.</ref> relazioni accertate con la [[CISEA]] citata negli articoli indicati in seguito.
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La produzione iniziale della [[Radius]] si articolava su due linee la [[Radius Superior|Superior]] per le penne di fascia alta e di maggior pregio, e la [[Radius Extra|Extra]] per le penne di seconda fascia commercializzate a prezzi inferiori. La linea [[Radius Superior|Superior]] restò in produzione, con diverse variazioni tecniche e stilistiche, compresa la realizzazione di una versione [[Radius Superior Trasparente|Trasparente]] fino a tutti gli anni '50, mentre la linea [[Radius Extra|Extra]] venne dismessa alla fine degli anni '40, sostituita da altre produzioni economiche, come la [[Comet]] e la [[Radius 31]], un modello a [[pennino coperto]] di qualità nettamente inferiore ai suoi precedessori.
 
La produzione iniziale della [[Radius]] si articolava su due linee la [[Radius Superior|Superior]] per le penne di fascia alta e di maggior pregio, e la [[Radius Extra|Extra]] per le penne di seconda fascia commercializzate a prezzi inferiori. La linea [[Radius Superior|Superior]] restò in produzione, con diverse variazioni tecniche e stilistiche, compresa la realizzazione di una versione [[Radius Superior Trasparente|Trasparente]] fino a tutti gli anni '50, mentre la linea [[Radius Extra|Extra]] venne dismessa alla fine degli anni '40, sostituita da altre produzioni economiche, come la [[Comet]] e la [[Radius 31]], un modello a [[pennino coperto]] di qualità nettamente inferiore ai suoi precedessori.

Versione delle 22:45, 19 set 2009

A.S.CO.

Storia

La ASCO nasce come sottomarca della Aurora nel 1929, più o meno in contemporanea con la sorella Olo e con l'uscita delle Duplex in celluloide. La nuova sottomarca, abbreviazione del nome Advertizing Service Company, nacque nella strategia di diversificazione dell'offerta adottata dall'azienda, per coprire il mercato degli oggetti di promozione aziendale dedicandosi alla produzione di penne pubblicitarie. In realtà poi le penne ASCO ebbero una diffusione molto più ampia, andando a coprire la fascia più bassa del mercato e la distribuzione via catalogo illustrato.

Come per Olo anche ASCO nacque come marchio completamente indipendente dalla Aurora, ma contrariamente ad essa continuò sempre a restare tale. La commercializzazione delle penne ASCO venne infatti affidata alla Agenzia Supera, che operava in maniera indipendente avendo una propria sede a Torino, all'indirizzo di Galleria Umberto I.

Sia la scelta del nome inglese, confermata pure dalle incisioni in inglese sul corpo della penna, cercava di catturare (come fecero altre ditte italiane dello stesso periodo) l'interesse del pubblico verso un prodotto che era inizialmente entrato in Italia come prodotto di importazione. Inoltre il nome stesso richiamava i servizi pubblicitari, che era il segmento di mercato cui si rivolgeva la produzione ASCO.

La produzione ASCO era comunque rivolta alla fascia più economica, nel tentativo di realizzare una penna economica in grado di raggiungere il pubblico più vasto, fornendo un oggetto di uso comune e non un bene di lusso. Questo venne garantito attraverso le vendite per corrispondenza effettuate tramite cataloghi ad edizione mensile, ed anche attraverso i cosiddetti propagandisti, in sostanza gli acquirenti stessi che venivano trasformati in agenti di vendita con incentivi in forma di penne omaggio sulla base del volume venduto.

La produzione della ASCO è molto varia e di difficile classificazione nonostante la vendita per cataloghi, dato che la pubblicazione mensile non copriva tutti i possibili modelli. In generale però questi rispecchiano i rispettivi modelli Aurora dello stesso periodo. I modelli iniziali sono sostanzialmente delle rientranti identiche alla A.R.A. 3, marchiate però con il logo ASCO (un rombo orizzontale contenente la scritta A.S.CO.) e le diciture Fountain Pen e Trade Mark riportata su due righe rispettivamente ai due lati.

A queste seguirono penne con caricamento a levetta o a pulsante di fondo, prodotte nei colori rosso, verde, blu ed nell'onnipresente nero. Queste penne sono molto simili alla Duplex, in particolare quelle con caricamento a levetta in cui quest'ultima è identica a quella presente sulla Duplex eccetto che per l'assenza di incisioni. I modelli venivano prodotti in due misure grande e media, denominate Senior e Junior per i modelli a pulsante di fondo e Businnes e Standard per le versioni a levetta.

Nella prima metà degli anni '30 venne introdotta una nuova linea di penne con caricamento a pulsante di fondo, con linee più affusolate ed testa e fondello di forma conica, prodotte sia in celluloide marmorizzata che a tinta unita. Questi modelli vennero sempre prodotti in due dimensioni, grande e media e denominati rispettivamente Modern 23 e Electa 21. A questi si affiancarono, nella seconda metà degli anni '30, modelli prodotti da tubi di celluloide in molteplici colorazioni marmorizzate, di qualità inferiore.

La produzione delle penne ASCO venne interrotta nella seconda metà degli anni '30. Nonostante si tratti di penne rivolte alla fascia più bassa del mercato, la qualità costruttiva ed i materiali restano di ottimo livello, tanto che c'è chi sostiene che la ASCO, più che una sottomarca, debba essere considerata come una linea di produzione indipendente.

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Ercolessi

Storia

Il marchio E. E. Ercolessi nasce dalle attività commerciali di Edgardo Ercolessi e della moglie Elvira, che nel 1921 fondarono una attività di rivendita di materiale da scrittura con due importanti negozi nelle vie centrali di Milano. Non si tratta quindi propriamente di una azienda produttrice di stilografiche, e non sarebbe quindi corretto annoverarlo fra i produttori, ma dato che questo marchio è stato utilizzato per coprire una produzione molto ampia, effettuata dalle principali aziende costruttrici italiane, si è ritenuto opportuno trattarlo esplicitamente.

Edgardo Ercolessi era legato da rapporti di parentela con Eugenio Verga, fondatore della Columbus e da rapporti di amicizia con Armando Simoni fondatore della Omas. Grazie a queste sue conoscenze fu in grado di affrontare con successo il mercato degli strumenti di scrittura e la sua azienda si espanse con diversi negozi a Milano, fino al centralissimo Corso Vittorio Emanuele. Nella sua attività Egardo Ercolessi iniziò a proporre nei suoi negozi delle penne marchiate esplicitamente con il suo nome. Non è chiaro se all'origine di questa attività di produzione siano state esigenze promozionali o la necessità di distinguersi sul mercato, ma a lungo l'azienda dette vita a produzioni con il suo marchio.

Le prime penne marchiate Ercolessi, realizzate agli inizi degli anni '20, erano delle rientranti in ebanite, sullo stile della Waterman 42, quasi certamente prodotte dalla Columbus. A queste si aggiunsero in seguito modelli con caricamento a levetta. A queste seguirono penne in stile Duofold in celluloide colorata, prodotte presumibilmente, come la gran parte delle penne degli anni '30 a marchio Ercolessi, dalla Omas.

A queste seguirono poi altri modelli, denominati Serie 50, derivati dalla Minerva Ellittica con caricamento a pulsante di fondo e realizzati nelle stesse misure di questa e con la stessa numerazione, adottata copiando lo schema usato dalla Waterman: la 52½ V (corta e sottile, da signora, ad anello), la 52½ (media e sottile), la 52 (media) e la 55 (grande). Le penne però presentavano, rispetto alla versione originale, una decorazione con tre anellini e diverse colorazioni della celluloide.

A questa linea si affiancava una più linea raffinata, derivata dalla Minerva Ellittica con caricamento a levetta, anche questa prodotta con colorazioni inusuali per la versione originale. Come ulteriore testimonianza di una produzione affidata in gran parte alla Omas vennero realizzate anche delle Ercolessi derivate dalla Minerva Classica, sia nella versione con caricamento a levetta che in quella con caricamento a stantuffo, anche in questo distinte da diverse colorazioni della celluloide e dalla presenza di tre verette sul cappuccio.

Alle linee in celluloide si affiancarono pure delle versioni rientranti decorate con elaborati rivestimenti in metallo, di nuovo denominate secondo lo schema di Waterman con i numeri 42, 42½ e 42½ V, di probabile produzione Columbus. Sempre di produzione Columbus era il modello denominato Velox, simile ai modelli Columbus Extra lisci, con clip a rotellina e due anelli di diverso spessore sul cappuccio.

Solo a partire dagli anni '40 la collaborazione con Omas e Columbus cessò, probabilmente a causa delle difficoltà negli approvvigionamenti di celluloide. Allora la Ercolessi si rivolse alla Ancora, che produsse per l'azienda dei modelli con caricamento a stantuffo denominati Ercolessi 62 e Ercolessi 65, derivati dalle versioni economiche della Lusso.

Nel periodo bellico e dell'immediato dopoguerra le difficoltà economiche restrinsero le vendite degli articoli di lusso ed anche la Ercolessi si adeguò con la produzione di modelli più economici, commissionati in questo caso alla Montegrappa e alla Radius, in particolare da quest'ultima venne prodotta la cosiddetta Serie 70, derivata della Radius Extra affusolata.

Negli anni successivi, con la crisi della stilografica e l'ingresso sul mercato della penna a sfera usa e getta, la Ercolessi cessò completamente la produzione di penne stilografiche a marchio proprio, restando attiva soltanto nell'attività commerciale con i negozi di Milano, che anche oggi sono un punto di riferimento per gli appassionati di stilografiche di quella città.

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Giti

Storia

Il marchio Giti nasce negli anni '30 come sottomarca della Tibaldi, dalle iniziali del fondatore Giuseppe Tibaldi, proseguendo una differenziazione della produzione dell'azienda, già presente negli anni '20 con il marchio The GTB Pen London, che commercializzava con questo marchio le sue penne di fascia bassa, caratterizzate comunque da un ottimo rapporto qualità prezzo. E' facile immaginarsi che le ragioni della nascita di questo nuovo marchio siano dovute al cambiamento politico ed all'enfasi nazionalista del regime fascista che avrebbe reso poco praticabile il mantenimento del marchio precedente.

Le prime versioni delle Giti, denominate Giti 939, erano modelli in celluloide con caricamento a pulsante di fondo prodotti in tre misure: grande, media e piccola (da signora), con finiture normalmente in metallo cromato, una, due o tre verette ed una clip a goccia analoga a quella montata sui modelli Infrangibile dello stesso periodo. Essendo una linea economica era possibile scegliere fra pennini in oro, placcati (denominati Similoro) o in acciaio (denominati Durium). A questi si aggiungevano i pennini a spirale in vetro.

Le penne a marchio Giti rimasero in produzione fino a tutti gli anni '50, seguendo le evoluzioni stilistiche dei modelli della ditta principale, con clip più semplici e l'adozione di forme ogivali e l'uso del caricamento a stantuffo. Con il degradare della qualità della produzione Tibaldi anche queste penne divennero sempre meno interessanti.

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Goliarda

Storia

La Goliarda nasce nel corso degli anni '20 come sottomarca della Ancora dedicata alla produzione di penne economiche per il mercato studentesco. Si tratta in genere di penne che risultavano essere poco costose rispetto alle corrispondenti marcate Ancora ma comunque eleganti e di buona costruzione.

Le prime penne prodotte con questo marchio erano delle semplici rientranti in ebanite nera cesellata, nello stesso stile Flat top della Waterman 42. Queste vennero prodotte in quattro diverse misure, e recavano la incisione della dicitura Goliarda - Marchio Depositato sul corpo, e non vi era nessun riferimento che potesse ricondurre alla Ancora.

In seguito, all'incirca negli anni '30, venne realizzata una nuova serie di penne in celluloide, con lo stesso stile dei modelli Ancora contemporanei, con finiture sia cromate che laminate in oro molto semplici e un fermaglio scalettato o svasato. Le Goliarda di questo tipo erano di buone dimensioni ed equipaggiate con caricamento a levetta o a pulsante di fondo. Con questi nuovi modelli veniva sempre riportata sul corpo l'iscrizione Goliarda, ma posta al di sopra del classico logo dell'ancora che ne indicava chiaramente le origini.

Un ulteriore riferimento alla casa madre era presente sui pennini, quelli in oro infatti erano marcati Warranted, ma come per quelli della Rapid su di essi era presente il logo dell'ancora e le iniziali "G.Z." sui pennini in acciaio invece era presente soltanto la dicitura Goliarda in stampatello. Si ritiene che la produzione sia proseguita fino agli anni '40.

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Itala

Storia

Non solo non è nota una data precisa per la nascita di questa azienda, ma anche l'attribuzione di un periodo è incerta; c'è chi infatti ne fa risalire le origini agli anni '30. Pare però che, almeno dal punto di vista della fondazione ufficiale, la data debba essere spostata ai primi anni '40, facendo riferimento alla registrazione di una Società anonima vendita penne bicolore Itala Cromograf avvenuta a Genova nel 1941 e mantenuta fino al 1954. Non è comunque chiaro se si tratti di un committente per la produzione o semplicemente di società creata, si vocifera dallo stesso Armando Simoni,[1] per la commercializzazione del prodotto.

In questo caso infatti più che di una marca separata, si tratta di un singolo modello di penna. La Itala infatti ha prodotto un solo modello, chiamato con lo stesso nome, dotato, come la Zerollo, di un particolarissimo sistema a doppio pennino, che come la sua analoga la rende uno dei modelli di stilografica più complessi sul piano tecnico che siano mai stati realizzati. Benché non vi sia al riguardo nessun documento ufficiale, ed nonostante che il marchio non vi compaia neanche indirettamente in nessuna maniera, viene dato per assodato la produzione di questa penna da parte della Omas sulla base delle caratteristiche tecniche ed estetiche della stessa.

La Itala infatti riporta soltanto la dicitura sul corpo Itala Cromograf presente anche sul corpo e sulle confezioni, senza nessun riferimento ad altre aziende. Esiste però una penna a doppio pennino prodotta da Simoni, marcata anche essa dal pallino rosso presente su alcune Itala, il che fa comunque supporre una qualche relazione fra le due aziende.

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LUS

Storia

La LUS venne fondata alla fine degli anni '20 da Umberto Legnani, un esperto operaio meccanico, con la moglie Giuseppina Carnelli, quando licenziato a causa degli effetti della recessione decise di mettersi in proprio. Il marchio LUS (sigla di Legnani Umberto, Saronno) venne registrato nel 1931. L'attività partì dalla produzione di pennini in acciaio, ma nel 1934 iniziò una produzione di stilografiche, anche se l'attività principale restava la produzione di pennini e materiale da cancelleria.

La produzione di stilografiche diventò una delle attività principali nel dopoguerra, con la produzione sia di penne di fascia alta che economiche. In particolare l'azienda fu una delle prime, negli anni '50, a lanciarsi nella produzione di penne a sfera, con il modello Retracto del 1950, uno dei primi a punta rientrante. Avendo stabilito una buona posizione sul nuovo mercato l'azienda ebbe un ottimo successo anche negli anni successivi.

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Minerva

Storia

Le origini del marchio Minerva non sono note con precisione, ma si possono far risalire, ricorrendo alla datazione dei modelli Omas corrispondenti, al periodo fra la fine degli anni '20 e l'inizio degli anni '30 in cui la casa principale produceva i suoi modelli Flattop, di cui esistono degli analoghi marchiati Minerva, sostanzialmente identici se non per l'uso di una clip senza incisioni e dell'uso di questo marchio sul corpo dove veniva riportata l'iscrizione Minerva Marc. Dep su due righe.

In seguito su questi modelli la clip a pallina venne sostituita da una clip con terminazione a spatola, che da allora sarà riutilizzata su altri modelli, a partire dalla Minerva Classica del 1934.

All'inizio degli anni '30 vennero prodotte delle nuove versioni con forme più affusolate, di cui sono note diverse versioni. un modello noto in ambito collezionistico come Minerva Ellittica sulla base del nome loro dato da E. Dolcini nel suo libro sulla Omas.

Nello stesso periodo vennero prodotte con marchio Minerva anche delle imitazioni delle Parker Thrift Time, sostanzialmente identiche all'originale se non per la clip a paletta e i diversi colori della celluloide, oltre ovviamente alla marchiatura Minerva e March. Dep. sul corpo, posta sempre su due righe sovrapposte in caratteri maiuscoli.

Del 1934 è l'introduzione della linea denominata Minerva Classica, caratterizzata di nuovo dall'uso prevalente della clip a paletta, e dotata di caricamento a levetta, e mantenuta in produzione fino agli anni '40. Il marchio Minerva restò in produzione anche negli anni '50 e '60 con il modello Minerva 60, con caricamento a stantuffo, prodotto prima in celluloide e poi in resina termoplastica. Non sono note produzioni con questo marchio oltre la fine degli anni '60.

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Olo

Storia

La Olo nasce come sottomarca della Aurora nel 1929, più o meno in contemporanea con la sorella ASCO e con l'uscita delle Duplex in celluloide. La Olo sembra essere stata creata per affrontare il segmento di mercato delle stilografiche di fascia medio bassa, in modo da affiancare alla produzione dei modelli di pregio marcati Aurora delle stilografiche di prezzo inferiore (ed ovviamente meno pregiate) ma sempre di buona costruzione.

Nella strategia di diversificazione commerciale attuata dall'Aurora inizialmente la Olo si poneva come marchio del tutto indipendente, da commercializzare attraverso una rete capillare di punti di vendita diversi dalle ordinarie cartolerie. Per questo motivo all'inizio della storia del marchio non vi era nessun riferimento alla casa madre né sulle penne né sui relativi documenti; il produttore era denominato Fabbrica di Penne a Serbatoio Olo e come indirizzo dell'azienda veniva citata una casella postale di Torino.

Questo cambiò solo dopo la metà degli anni '30, quando il ruolo di sottomarca dell'Aurora divenne ufficialmente riconosciuto con la comparse delle penne Olo nei cataloghi dell'azienda madre, proposte sempre come penne di fascia inferiore, ma con le solite caratteristiche di affidabilità e robustezza.

Non esiste una datazione precisa dei modelli della Olo, anche se in genere si può prendere come riferimento quella associata ai corrispondenti modelli della Aurora di cui costituiscono una sorta di versione economica; sono infatti facilmente riconoscibili per forme, materiali e fermagli del tutto analoghi a quelli dei rispettivi modelli Aurora.

Le prime Olo erano delle rientranti analoghe alle R.A.3 (con clip) e alla R.A.0 (con anellino) marchiate però con il logo Olo (un ellissoide squadrato con la scritta OLO al suo interno) sia sul pennino che sul corpo della penna che sulla sommità del cappuccio. Queste vennero prodotte anche in versione rivestita in metallo laminato oro (marchiate 18 K.R.) sempre nelle due misure precedenti, denominate rispettivamente Tipo 3 e Tipo 0, e con due sistemi di caricamento, il safety ed il pulsante di fondo, queste ultime riprendevano invece forme e fermaglio della A.R.A. 15, anche se le decorazioni utilizzate per il rivestimento sono diverse da quelle dei modelli Aurora.

A queste prime stilografiche seguirono dei modelli Flat top, molto simili alla Duofold della Parker, sempre prodotti in due misure ed in celluloide nera e colorata. Queste penne sono caratterizzate da una veretta piuttosto ampia sul cappuccio e dal logo OLO inciso sul corpo in prossimità del fondo della penna e sulla sezione pennino. Questi modelli vennero creati in parallelo all'introduzione della Duplex di cui possono essere considerati la versione economica.

File:Olo379.jpg
Una Olo pubblicitaria Fiat

Seguendo i cambiamenti della produzione Aurora anche i modelli della Olo vennero rinnovati nella prima metà degli anni '30, con l'introduzione della Olo Lusso, prodotta in due misure, grande e media, con la stessa clip della Superna fissata sul cappuccio con una testina metallica dotata di un tassello a vite. La penna era realizzata in celluloide tornita dal pieno nei colori marmorizzati e a linee incrociate dei modelli Aurora dello stesso periodo e prodotta sia con finiture cromate che dorate. Il logo OLO era riportato o sulla sezione o sul corpo.

Nella seconda metà degli anni '30 vennero poi introdotti i modelli Olo F ed Olo Gamma, la prima era una penna sfaccettata, che si rifaceva all'analoga versione della Novum. la seconda una penna di linee più diritte, con un fondello con una copertura di metallo. Entrambe prevedevano l'abbinamento di matite meccaniche.

Negli anni '40 la produzione venne rivista, e venne utilizzata una nuova clip scalettata, non presente sui modelli marcati Aurora, ma utilizzata dall'azienda in altre produzioni economiche. Inoltre con l'introduzione nel 1938 dei pennini in Platiridio anche sulle Olo vennero montati pennini in acciaio o in acciaio placcato oro, marcati OLO, che oltre al logo con l'ellissoide squadrato riportano anche l'anno di produzione. La produzione di stilografiche a marchio Olo venne sostanzialmente abbandonata nel dopoguerra.

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Pen-Co

Storia

Il marchio Penco è il marchio più noto della azienda F. R. V. (sigla che sta per Fratelli Rossi Vicenza) nata a Sondrigo, piccolo paese situato nei pressi di Vicenza, intorno agli anni '30. L'azienda venne fondata come Fratelli Rossi - Penne Stilografiche e Materiali Pressati, adottando come marchio iniziale il nome Caesar (con il logo inscritto su una targa sovrastata dall'aquila imperiale), chiaramente ispirato dal clima instaurato dalle attività propagandistiche del regime fascista.

La produzione degli anni '30 era rivolta alla fascia più bassa del mercato, con stilografiche a pulsante di fondo prodotte prevalentemente in celluloide nera di qualità comunque accettabile. Le penne sono in genere riconoscibili per la dicitura F.R.V. incisa sul serbatoio e sul pennino. L'azienda commercializzava comunque anche parti e linee per la produzione su richiesta, ed essendo i suoi pennini con un buon rapporto qualità/prezzo capita di trovarli spesso montati su altre penne.

Nel dopoguerra, finita l'enfasi nazionalistico-autarchica del regime fascista, l'azienda cambiò nome in Pen-Co, abbreviazione di Pen Company Manufacturer, producendo penne sotto tre marchi diversi: Palladium, Diplomat e Pen-Co, rivolti rispettivamente alla fascia economica, media e alta. Le prime erano penne che riprendevano lo stile tradizionale, prodotte con materiali di qualità più bassa. La fascia intermedia prevedeva una penna in misura unica con linee tradizionali e finiture di medio livello, mentre le Pen-Co erano chiaramente ispirate dalle tendenze del mercato americano, caratterizzate da una clip corta in stile militare e linee molto affusolate.

I modelli più famosi sono però quelli degli anni '50, delle chiare imitazioni dei modelli Triumph della Sheaffer, con pennino conico, linee affusolate e cappuccio metallico in stile Crest. La Penco 53 era il modello di punta dell'azienda, ampiamente pubblicizzata, tanto da suscitare la reazione il distributore italiano della Sheaffer.

Nonostante i tentativi di mantenersi a galla in un mercato sempre più ridotto dalla affermazione della penna a sfera usa e getta l'azienda si trovò in sempre maggiori difficoltà economiche e chiuse definitivamente le attività alla fine degli anni '50.

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Radius

Storia

Istruzioni di una Radius Extra degli anni '50.

In realtà con il marchio Radius si indica la produzione di prima fascia della ditta SAFIS sigla che sta per Società Anonima Fabbrica Italiana Stilografiche, una azienda torinese fondata dal signor Lattes ed in attività fra gli anni '30 e '50 in via Ormea a Torino. A detta azienda viene anche riferita la produzione a marchio Astura e, sia pure con molta incertezza e forse limitata ad alcuni modelli, quella del marchio The King. Non esistono dati sicuri né documenti che permettano di stabilire con certezza una data di fondazione della SAFIS, ma l'inizio della produzione sembra risalire alla seconda metà degli anni '20. Non ci sono invece[2] relazioni accertate con la CISEA citata negli articoli indicati in seguito.

La produzione iniziale della Radius si articolava su due linee la Superior per le penne di fascia alta e di maggior pregio, e la Extra per le penne di seconda fascia commercializzate a prezzi inferiori. La linea Superior restò in produzione, con diverse variazioni tecniche e stilistiche, compresa la realizzazione di una versione Trasparente fino a tutti gli anni '50, mentre la linea Extra venne dismessa alla fine degli anni '40, sostituita da altre produzioni economiche, come la Comet e la Radius 31, un modello a pennino coperto di qualità nettamente inferiore ai suoi precedessori.

La produzione a marchio Astura era invece prettamente dedicata alla fascia economica e vede una enorme varietà di modelli realizzati con i più vari sistemi di caricamento e le più varie forme, in una sorta di sperimentazione sia tecnica che stilistica. La produzione viene fatta risalire al periodo che va dagli anni '30 alla metà degli anni '50. Pur essendo chiaramente penne di fascia bassa sono interessanti in particolare particolare le versioni dotate di un particolare caricamento a depressione, realizzate in celluloide trasparente.

La produzione a marchio Astura degli anni '30 e '40 è estremamente variata, con una produzione orientata alle penne economiche ad ampia distribuzione, realizzate in numerosissime varianti di finiture, forme e colori. Negli anni '50 con la crisi causata dall'avvento delle penne a sfera usa e getta vennero prodotti modelli sempre più economici e di bassa qualità.

La produzione Astura pare essere terminata nella seconda metà degli anni '50, cosa avvenuta anche per la Radius, a causa della probabile cessazione delle attività della casa madre, probabilmente messa fuori mercato. Come per la fondazione ci sono però documenti attendibili riguardo la cessazione delle attività.

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Rapid

Storia

La Rapid nasce come sottomarca della Ancora verso la fine degli anni '20 quando alle rientranti prodotte direttamente con marchio Ancora venne affiancato questo ulteriore marchio, riservato esclusivamente alle penne realizzate con rivestimenti in metalli preziosi. Le penne Rapid sono caratterizzate dalla marcatura sul cappuccio del nome Rapid e delle lettere "G. Z." all'interno di un rombo.

Sulle penne Rapid vennero utilizzati sia pennini esplicitamente marchiati Ancora, che pennini con la semplice dicitura Warranted, ma facilmente riconoscibili come originali per la presenza di una incisione con il logo aziendale raffigurante un'ancora e le solite iniziali "G.Z." di Giuseppe Zanini, non sono invece mai stati trovati pennini marchiati Rapid.

La produzione delle penne Rapid rappresenta uno degli esempi di lavorazioni di rivestimenti metallici fra le più raffinate ed eleganti dell'epoca, sono infatti presenti, oltre alle più semplici lavorazioni con incisioni regolari o fascette decorative, veri capolavori con incisioni floreali realizzate a sbalzo o lavorazioni traforate con giochi cromatici di contrasto fra oro rosso e oro giallo.

La produzione delle penne marchiate Rapid è proseguita per tutti gli anni '30, periodo a cui si fa riferimento per l'apice della qualità raggiunta dal marchio, proseguendo fino ai tardi anni '40, sia pure con rivestimenti meno elaborati rispetto ai tempi migliori.

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Saratoga

Storia

La nascita di questa azienda origina dalle attività dell'ing. E. Webber, attivo sul merato italiano della stilografica fin dal 1916 come concessionario italiano della Parker. Nel corso degli anni '30 la concessione esclusiva venne però ritirata per motivi non del tutto chiari (è stata avanzata l'ipotesi di una produzione non autorizzata di modelli Parker in Italia commissionati alla Omas), ed egli si associò a Mengoni, proprietario di un affermato negozio di cartoleria di Milano, dando vita al marchio Saratoga.

La produzione iniziale della Saratoga, introdotta sul mercato nel 1936, prevedeva tre modelli di qualità, chiaramente ispirati alla Vacumatic della Parker, denominati Maxima, Medium e Standard. I modelli usavano un sistema di caricamento a sfiatatoio analogo a quello del modello imitato, ed erano realizzati in celluloide semitrasparente, probabilmente dalla Omas essendo le celluloidi e la lavorazione analoghe a quelle usate per i modelli Minerva Classica. Si trattava di modelli di alta qualità, con pennino in oro bicolore e clip a freccia, che ebbero un buon successo.

Agli inizi degli anni '40 la società fra Webber e Mengoni si sciolse, ed ebbe anche termine la produzione delle penne da parte di Omas. Il primo continuò a produrre stilografiche, affidandosi a produttori di minor pregio con un corrispondente calo di qualità delle penne. Nel dopoguerra produsse altre penne, marcate Saratoga-Webber, con caricamento a stantuffo. La produzione andò avanti con modelli a pennino coperto, chiara imitazione delle Parker 51, molto simili agli analoghi prodotti della Radius.

Anche Mengoni continuò una sua produzione di penne, marchiate in questo caso Saratoga's, sempre di bassa qualità e rivolte al mercato economico, prodotte presumibilmente nel distretto di Settimo Torinese, con stilofori e modelli con caricamento a stantuffo. L'attività proseguì fino al 1957, anno di chiusura delle attività della azienda di Mengoni.

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Tabo

Storia

Nonostante sia considerato una marca storica, la produzione di delle stilografiche a marchio Tabo è piuttosto tardiva e viene fatta risalire alla fine degli anni '30. Le origini dell'azienda sono però molto più antiche e presso la Camera di Commercio di Bologna la ditta la ditta Stiassi e Tantini risulta essere stata fondata nel 1919 (17/12/1919) da Giuseppe Tantini e Giorgio Stiassi con scopo sociale il Commercio di articoli di cancelleria e carta da scrivere e sede in via Combusti 5 e via Nazario Sauro 1 a Bologna.[3] Nel 1920 i due soci fondarono anche la A.S.C.A. (Azienda Specializzata in Cancelleria ed Affini) e registrarono pure il marchio The Scotland Pen Italiana.

Le attività della Stiassi e Tantini restarono comunque prevalentemente nel settore della cancelleria e la ditta restò fino al 1924 rappresentante esclusivo delle macchine da scrivere Woodstok per l'Italia, e la produzione di stilografiche venne presumibilmente realizzata con il marchio Scotland, anche se si ritiene che questo sia stato usato prevalentemente per la marchiatura di penne prodotte da altri (presumibilmente la Omas e la Montegrappa).

Le attività della Stiassi e Tantini risultano cessare nel 1939, ma è dell'anno precedente la fondazione, da parte dei due soci, della S.I.S.A. (Società Italiana Stilografiche e Affini), successivamente (nel 1940?) rinominata F.I.S.A. (Fabbrica Italiana Stilografiche e Affini) che è la ditta da cui ha origine la produzione delle penne marchiate Tabo, sigla usata come abbreviazione della dicitura Tantini - Bologna. Negli anni successivi la ragione sociale venne nuovamente cambiata in Stiassi e Tantini S. A., dicitura che appare nelle prime pubblicità delle penne Tabo risalenti agli inizi degli anni '40.

Le serie della fine degli anni '30 erano prodotte in versioni diverse a seconda dei sistemi di caricamento, esistevano infatti modelli a pulsante di fondo, denominati Mentis, e modelli con caricamento a depressione simile a quello della Vacumatic denominati Trasparente oltre che modelli sfaccettati con il più ordinario caricamento a levetta, simili alla Omas Extra, identificati con la cifra 1931. Infine sono presenti anche modelli rientranti in ebanite o rivestiti, molto simili a quelli presenti nella produzione Montegrappa, denominati con un codice numero a quattro cifre.

Oltre ai precedenti modelli marcati Tabo, che costituivano la produzione di maggior pregio e che non hanno nulla da invidiare sul piano della qualità alle penne degli altri principali costruttori italiani, l'azienda realizzò anche stilografiche di seconda fascia, ad un prezzo minore, utilizzando una serie di sottomarche come StyBy, Stibi, EsseTibi, STB.

Nel dopoguerra l'azienda dovette affrontare la crescita della concorrenza e l'impatto dell'introduzione delle resine plastiche nella produzione di stilografiche, la cui diffusione andava rapidamente aumentando anche in Europa. Le linee vennero riviste passando al caricamento a stantuffo, venne introdotta la linea Vertex a pennino coperto (sostituita poi dalla Tabo V) e le due linee S e CO ad indicare rispettivamente i modelli con pennino scoperto e con cappuccio metallico (Cappuccio Oro).

Nel 1948 la Stiassi e Tantini si sciolse definitivamente, ma la famiglia Tantini proseguì per un certo periodo le attività con la P. Tantini & C Srl; venne aperta a Bologna una attività commerciale sotto questo nome, ma la produzione delle stilografiche non si estende oltre gli anni '50. Con la crisi derivante dal successo della penna a sfera usa e getta le attività dell'azienda si diversificarono nel commercio di inchiostri, materiale da cancelleria e chincaglierie, fino al fallimento avvenuto nel 1972.

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The Scotland

Storia

Si tratta di un'altra delle marche minori italiane, le cui origini effettive sono estremamente incerte, e la cui storia è tutt'altro che chiara. Pare che il marchio sia stato registrato nel da Stiassi e Tantini (della più nota Tabo) nel 1920 presso la Camera di Commercio di Bologna con il nome di The Scotland Pen Italiana, presumibilmente in forza delle forti tendenze esterofile presenti sul mercato italiano della penna stilografica, che all'epoca videro nascere numerosi marchi con denominazioni anglosassone. L'unico altro documento presente a proposito della marca è una fattura del 1930 a nome dell'azienda Armando Merighi in cui viene raffigurata una stilografica denominata The Scotland Pen Self Filling, non è chiaro però il ruolo assunto da questo, anche se si ipotizza si trattasse di un rivenditore o di un concessionario per la distribuzione.[4]

La registrazione del marchio risulta essere mantenuta fino al 1929, ed in seguito è registrata una variazione in Scotland Italiana risalente al 1937, e frutto probabilmente delle cambiamenti di clima dovuto alla lotta contro le tendenze esterofile ed alla esaltazione della italianità portata avanti dalla propaganda del regime fascista. Il legame con la Tabo viene comunque testimoniato dalla presenza di un modello di grosse dimensioni marcato Scotland Italiana - Tabo Mod 1926.

Le penne della Scotland vedono, per gli esemplari più antichi, la presenza di modelli safety, realizzati sia in ebanite nera cesellata che in versione rivestita con metallo laminato in oro decorato con incisioni geometriche. Non sono note denominazioni precise di questi modelli se non quelle presenti nella fattura citata precedentemente che riporta i seguenti nomi: 'special, junior, 9I safetj, zigrinato tipo Waterman 40.

I primi modelli in celluloide sono, come per molta altra produzione dello stesso periodo, imitazioni della Duofold. A dimostrare l'influenza della produzione anglosassone, si tratta in questo caso di modelli recante le incisioni The Scotland Pen e Self filling su due righe sul corpo e pennino in oro marcato The Scotland Pen e Made in England, che nei modelli degli anni '30 verranno sostituiti da pennini marcati Scotland Italiana e Made in Italy.

A questi modelli seguono, databili anche questi agli anni '30, dei modelli ogivali dotati dello stesso tipo di fermagli e finiture dei precedenti modelli imitazioni della Duofold, ma con testa del cappuccio e fondo del corpo affusolati. Pare invece evidente il coinvolgimento della Omas nella produzione, probabilmente successiva, di modelli sfaccettati derivati in maniera abbastanza evidente dalla Omas Extra, denominate The Scotland Prisma. La produzione di penne con questo marchio pare essersi interrotta con l'avvento della seconda guerra mondiale.

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Uhlmann's Eterno

Storia

La Uhlmann's Eterno venne fondata nel 1902 a Milano da Emil Uhlmann come azienda specializzata nella produzione di rivestimenti in metallo laminato o in oro di varie tipologie di oggetti, fra cui anche le matite meccaniche. Benché presente sul mercato dall'inizio del secolo l'azienda non entrò sul mercato delle stilografiche fino alla prima metà degli anni '20, quando iniziò la commercializzazione di penne rientranti o a contagocce in ebanite, presumibilmente realizzate assemblando parti importate dalla Germania.

La produzione iniziale a marchio Uhlmann's Eterno ricorda infatti molto da vicino i modelli tedeschi dello stesso periodo, le penne riportavano la incisione del nome dell'azienda sul corpo della penna, insieme a quella del logo, costituito da un triangolo con un occhio al suo interno. Anche i pennini erano marcati con la dicitura Uhlmann's Eterno posta su due righe inframmezzate dallo stesso logo.

Nello stesso periodo iniziano a comparire sui cataloghi dell'azienda anche i primi modelli rivestiti, che risultarono di buona qualità, sia per le lavorazioni più semplici con motivi geometrici incisi a macchina con alternanza di superfici lisce o satinate, che per le lavorazioni più raffinate con motivi floreali realizzati a sbalzo o con decorazioni smaltate in diversi colori. Anche queste penne venivano marchiate con il nome dell'azienda, o più semplicemente con la sola dicitura Eterno, talvolta accompagnata dal logo.

All'inizio degli anni '30 l'azienda cambiò ragione sociale in Industria Reclame L. Uhlmann spostando la sede da Via Moscova 14 a Via Piave 7, in questo periodo l'azienda si affermò nella produzione di oggetti e strumenti di scrittura personalizzabili a scopo pubblicitario, promossi attraverso cataloghi illustrati. La gamma di articoli personalizzabili era molto vasta e comprendeva penne di probabile origine tedesca di scarsa qualità. A queste si aggiungeva però una produzione di penne marcate Uhlmann's Eterno o Eterno di buona qualità, come modelli Flat top in celluloide a pulsante di fondo di chiara imitazione della Duofold.

Nella seconda metà degli anni '30 la produzione venne ristilizzata secondo i dettami delle nuove tendenze, vennero prodotte delle nuove penne in celluloide anellata o marmorizzata di varie colorazioni, denominate Penne Lusso Extra sia in forme tonda che sfaccettate, e dotate di caricamento a levetta, a queste si aggiunsero penne in celluloide anellata trasparente con caricamento a siringa rovesciata molto simili alle Maxima della Ancora.

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Zerollo

Storia

La Zerollo venne fondata nel 1932 da Dante Davide Zerollo a Genova per la produzione di una delle stilografiche più originali siano mai state realizzate, dotata di un particolarissimo sistema telescopico che consentiva di usare alternativamente due penne diverse, contenute in un unico corpo, facendo uscire alternativamente ora l'una ora l'altra. La penna venne protetta, secondo il produttore, da brevetti ottenuti in tutto il mondo, ma di questi sono noti soltanto il British Patent nº GB-397736, riconosciuto il 31 Agosto del 1933,[5] ed il brevetto francese nº FR-728038.

La Zerollo produsse sostanzialmente, sia pure in una varietà notevole di varianti, un solo modello, denominato Duo Color appunto per la particolarità di consentire, avendo al suo interno due penne separate, di scrivere con due colori diversi. Il meccanismo, che riprende la tecnologia delle rientranti è estremamente sofisticato e sopporta tolleranze minime, cosa che rende la penna piuttosto debole sul piano della stabilità meccanica. Attraverso un ingegnoso sistema a vite senza fine le due penne, che sono separate da una lamina metallica agganciata al fondello che la mette in rotazione, vengono fatte scorrere tramite delle scanalature realizzate sul corpo della penna e portate alternativamente dentro e fuori il corpo a seconda della direzione in cui si ruota il fondello.

Per scrivere è necessario estrarre completamente una delle due penne dal corpo, portando l'altra all0interno, in posizione di riposo queste invece devono essere poste alla stessa altezza restando parzialmente sporgenti dalla apertura anteriore, ed in questa posizione è possibile sia chiudere la penna col cappuccio che eseguire il caricamento. Il cappuccio infatti ha il solo scopo di protezione delle punte delle due penne, dato che l'inchiostro non è contenuto nel corpo ma nelle singole penne che sono alloggiate in esso.

Il caricamento avviene con lo stesso principio del caricamento a stuzzicadenti tramite due forellini presenti sul corpo che in posizione di riposo forniscono un accesso alle barre di pressione che consentono di strizzare i gommini posti su ciascuna delle due penne interne, che contengono l'inchiostro. In questo caso non è necessario avere uno stuzzicandenti, dato che la testina del cappuccio monta al suo interno un sottile pernietto di metallo adatto allo scopo; pertanto basta svitarla ed usarla come impugnatura per premere attraverso i forellini laterali.

Le prime versioni della penna vennero realizzate in ebanite, e sono presenti anche versioni rivestite con decorazioni in metallo laminato in oro. La produzione iniziale era sicuramente estremamente ridotta, dato che sono state ritrovati foglietti di garanzia, datati 1933, scritti a mano firmati singolarmente dallo stesso Dante Zerollo. A queste seguirono poi da versioni in celluloide realizzate in bellissimi colori marmorizzati, o a venature di legno, e con lavorazioni estremamente raffinate come una particolarissima sfaccettatura a spirale.

Data la qualità e la raffinatezza delle lavorazioni, e la presenza di celluloidi simili, è stata avanzata l'ipotesi che la produzione di queste penne sia stata affidata alla Omas, ma non esiste nessuna prova, riferimento o documento al riguardo che permetta di avvalorare questa ipotesi, e la somiglianza o la qualità delle lavorazioni non possono essere considerate un elemento conclusivo, al più si può ritenere che Zerollo si rifornisse dalla Omas per alcune parti.[6]

L'azienda ebbe un certo successo, e riuscì a commercializzare i suoi prodotti anche all'estero appoggiandosi alla Dunhill per il mercato inglese ed alla Uniq per quello francese, ma benché funzionale si trattava comunque di una penna dotata un sistema meccanico molto complesso e delicato, di difficile riparazione, che la rendeva fragile e tutto sommato non molto più comoda da usare rispetto alla semplice e lineare soluzione di portarsi dietro due penne separate. Mantenendo però la produzione basata solo su questo particolare modello, e non sapendo produrre ulteriore innovazione, con la caduta dell'interesse riscosso nel periodo iniziale, la Zerollo subì un progressivo declino restando sparendo dal mercato dopo la seconda guerra mondiale.

Per la particolarità delle sue penne, unita alla scarsa produzione ed alla ancora più scarsa disponibilità di esemplari funzionanti, le Zerollo restano fra i modelli di stilografiche più ricercati dai collezionisti, raggiungendo prezzi elevatissimi, anche se alla fine la rilevanza storica dell'azienda, specialmente in rapporto al panorama internazionale, resta tutto sommato relativamente marginale.

Riferimenti esterni

Note

  1. nel caso sorge comunque spontaneo il dubbio del perché la penna non sia stata prodotta direttamente sotto marchio Omas.
  2. almeno secondo quanto riportato da Letizia Jacopini nel suo libro La storia della stilografica in Italia.
  3. le informazioni relative a questo marchio sono state reperite principalmente dal testo La storia della stilografica in Italia, II volume di Letizia Iacopini, e dalle fonti ivi citate.
  4. anche in questo caso le informazioni relative a questo marchio sono state reperite principalmente dal testo La storia della stilografica in Italia, II volume di Letizia Iacopini, e dalle fonti ivi citate.
  5. nel brevetto sono citati come inventori Mirko Chelazzi e Dino Frulli, presumibilmente impiegati di Zerollo.
  6. in questo articolo viene citata una ricerca di Luca De Ponti relativa a pennini e clip.