Il pennino (nib nel mondo anglosassone) è da sempre una delle parti più importanti di una stilografica, e svolge il compito finale di portare l'inchiostro sulla carta. I pennini da stilografica derivano da quelli usati in precedenza con la cannuccia; la differenza principale è che essendo una stilografica un oggetto molto più costoso e continuamente in contatto con l'inchiostro, questi vennero tradizionalmente realizzati in oro (con diverse carature, anche se la più comune resta quella a 14 carati, seguita da quella a 18) per avere una maggiore resistenza alla corrosione degli inchiostri dell'epoca.

Quando con l'evoluzione della tecnologia diventò possibile creare pennini di acciaio resistenti alla corrosione, il maggiore ostacolo alla loro diffusione divenne quello del marketing, e tutt'oggi infatti si tende a pensare ad una penna con pennino in oro come di valore superiore, nonostante che sul piano tecnico questo sia probabilmente inferiore. L'oro, sia pure irrobustito dai metalli aggiunti nelle leghe utilizzate per produrre pennini, è un metallo molto malleabile, e per questo un pennino d'oro è soggetto a piegarsi in modo permanente molto più facilmente di qualunque pennino in acciaio ed in generale finisce per l'essere nettamente meno robusto.

Un pennino "d'oro" comunque non può essere interamente composto d'oro (cioè a 24 carati); come accennato questo materiale è estremamente malleabile,[1] per cui in genere viene irrobustito mescolandolo come con altri metalli per ottenere leghe a 14 carati, che sono le più comuni, o a 18 carati, usate per dare maggiore preziosità alla penna, ma in genere meno robuste. Leghe a maggior contenuto sono presenti in alcune penne moderne (21 carati) e negli anni '70 in Giappone si è arrivati fino ai 23 carati.[2] Le penne antiche sono comunque per la maggior parte dotate di pennini in oro a 14 carati, i 18 carati sono stati introdotti solo dove, come in Francia, per motivi legali non si poteva qualificare come d'oro un oggetto con caratura inferiore a questa.

Nel periodo della seconda guerra mondiale però, con le ristrettezze causate dalle esigenze belliche, l'uso dell'oro per i pennini venne notevolmente ridotto ed in certi paesi, come la Germania ed il Giappone, anche esplicitamente vietato. In quel periodo si ebbe un fiorire di leghe di acciaio di vario tipo, spesso ribattezzate, specie in Italia, con nomi fantasiosi ed altisonanti, e la sperimentazione di materiali alternativi, come il palladio, che oggi sembrano tornati di moda. Ma l'uso dell'acciaio per i pennini non si può certo far originare dalle ristrettezze della guerra. Infatti esso venne adottato da alcuni produttori, in particolare quelli orientati alla fascia bassa del mercato, ben prima della guerra e per semplici motivi economici. Anche in quel caso però spesso si cercava di "impreziosire" il metallo con una doratura.

Indipendentemente dalla robustezza della lega utilizzata per produrlo, un pennino deve comunque avere una punta opportunamente rinforzata, in quanto l'usura sarebbe eccessiva anche per l'acciaio. La punta deve sfregare per chilometri e chilometri sulla carta, e per avere un pennino durevole questa viene prodotta utilizzando un materiale molto più duro. In questo caso la scelta più comune è quella di una lega di iridio, e questo è il motivo per cui spesso, per indicare lo stato di usura della punta di un pennino, si fa riferimento appunto alla quantità di iridio presente sullo stesso, anche se in realtà detta punta può essere stata realizzata anche con altri metalli (un'altra scelta è ad esempio quella dell'osmio o varie combinazioni di entrambi).

In genere la punta del pennino viene realizzata fondendo direttamente sul posto una pallina di iridio (o materiale equivalente), questa poi viene tagliata in due dividendo la punta nelle due ali (tines), per la realizzazione del taglio (slit) attraverso cui deve passare l'inchiostro proveniente dall'alimentatore, necessario al funzionamento della stilografica, e levigata opportunamente per offrire una migliore scorevolezza. In genere poi, sia per permettere la fuoriuscita dell'aria dal conduttore, che per rinforzare la parte terminale del taglio delle ali, il pennino viene dotato del cosiddetto foro di areazione, anche se in molti casi il solo scopo è quello di una maggiore robustezza meccanica e flessibilità. Alcuni pennini inoltre, come il Triumph Nib della Sheaffer, o il pennino centrale della Omas 361, sono appositamente progettati e lavorati per poter scrivere da entrambi i lati, compreso quindi anche il cosiddetto lato secco.

I pennini vengono classificati classicamente[3] in base ad una serie di numeri che ne esprimono le dimensioni, benché più o meno tutti i produttori abbiano adottato cifre simili (con valori che vanno dallo 00 al 12) i numeri non hanno un riferimento ad una precisa misura, ma sono semplicemente una indicazione relativa (un pennino #4 è in genere più grande di un #2 dello stesso produttore), e diversa fra un produttore e l'altro. Molto spesso (vedi ad esempio i numeri di Waterman e quelli di Montblanc) questi numeri venivano utilizzati anche per identificare i diversi modelli di una linea di produzione.

Misure Pennini

Un'altra possibile classificazione è invece quella effettuata sulla base della dimensione ed eventualmente la forma della punta del pennino stesso (fine, media, larga, ecc.). Anche in questo caso non esiste una standardizzazione universale adottata da tutti, anche se molti produttori hanno finito per utilizzare delle sigle abbastanza uniformi fra loro, come quelle riportate nella tabella a fianco, buona parte delle quali sono in uso ancora oggi.

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Una tabella di sigle di pennini.

Di nuovo si tratta di indicazioni relative, e non adottate da tutti (ad esempio la Waterman nel 1927 introdusse una classificazione basata su un codice di colori), per cui ci possono essere delle notevoli differenze fra pennini marcati allo stesso modo da aziende differenze; ad esempio per le diverse modalità di scrittura nei rispettivi paesi in genere un medio giapponese equivale ad un fine europeo.

Sempre nell'ambito della realizzazione della punta, sono state poi adottate delle nomenclature specifiche per indicare alcune versioni particolari di pennini, dotate di caratteristiche speciali, come "stub", "italico" o "tagliato", "rotondo" o "kugel nib", "musicale", "obliquo", "corsivo italico", ecc. per le quali si rimanda alle relative pagine.[4]

Una terza possibile classificazione, ancora meno uniforme in quanto alla terminologia utilizzata, e che spesso non ha alcun riferimento ufficiale nella produzione delle varie aziende è quella relativa alla maggiore o minore flessibilità del pennino, una classificazione che inoltre tende a perdersi con la produzione moderna, dominata da pennini rigidi. Uno dei problemi delle stilografiche infatti (considerato uno svantaggio nei confronti della sfera, e quando risolto usato come fattore di promozione per le proprie penne) è quello che una pressione eccessiva sul pennino può nuocere allo stesso, cosa che rende abbastanza difficoltoso il ricalco.[5] Per questo una delle poche terminologie coerenti (almeno nel mondo anglosassone) è quella dei cosiddetti pennini da contabile (accountant nib), chiamati spesso anche Manifold, molto rigidi e duri, utilizzabili per questo anche per lavori contabili dove le copie a carta carbone erano la norma.

Non esistendo riguardo la flessibilità una terminologia ufficiale, (anche se alcune marche, come la Eversharp marcavano esplicitamente alcuni fra i propri pennini flessibili con la scritta Flexible) quella adottata nasce dalle convenzioni stabilite dai collezionisti, ed ha quindi anche un ampio margine di aleatorietà. Si è pertanto deciso, in maniera del tutto arbitraria, di fare riferimento alle seguenti definizioni:[6]

  • molleggiato pennino che risponde alla pressione, ma senza creare una significativa variazione del tratto, molti pennini moderni dichiarati flessibili rientrano in questa categoria.
  • demi-flex (semi-flessibile) pennino che risponde alla pressione con una significativa variazione del tratto, ma che usato normalmente non presenta variazioni significative.
  • flexible (flessibile) pennino che produce una variazione di tratto anche nella normale scrittura, in risposta alle piccole variazioni di pressione in essa esercitate.
  • wet noodle (super-flessibile) pennino estremamente flessibile, che deve essere usato con cura anche nella normale scrittura, portando a variazioni di tratto molto accentuate alla minima pressione.

Infine essendo un elemento essenziale della stilografica, il pennino ha conosciuto alcune variazioni costruttive da parte delle aziende. Inizialmente si è avuta una differenziazione portata avanti principalmente nei materiali costruttivi del corpo e della punta, ma fino agli anni '30 è sempre rimasto praticamente identico nelle forme e nelle funzioni. La prima significativa diversificazione è stata quella introdotta dalla Eversharp nel 1932, con il pennino a flessibilità variabile "Adjustable Point" dotato di una ghiera scorrevole. Ma i cambiamenti più significativi sono iniziati nel 1941, con l'uscita ufficiale sul mercato della Parker 51, che segnò il debutto del pennino carenato. Da allora si ebbero evoluzioni come il pennino conico della Triumph, le varie versioni di pennino alato dalla Wing-flow in poi, o il particolare "inlaid nib" introdotto con la PFM.

Note

  1. con malleabile (vedi [1]) si intende un materiale molto morbido e facile da deformare senza perdere le sue proprietà meccaniche, in sostanza il contrario esatto di resistenza e flessibilità; l'oro è uno dei materiali più malleabili che esistano.
  2. ma non esiste, a parte le esigenze di marketing, nessuna ragione tecnica per spingersi a questi livelli, che comportano comunque leghe meno resistenti.
  3. per classicamente si intende facendo riferimento al periodo iniziale della diffusione della penna stilografica, questo tipo di classificazione oggi è praticamente scomparso.
  4. alcuni esempi di come si possano classificare le punte li trovate qui.
  5. oggi il problema non sussiste quasi più con la diffusione del digitale, ma non era banale quando le copie dovevano essere fatte a ricalco con la carta carbone.
  6. si è fatto riferimento alle definizioni di Davis Nishimura, come riportate in questo articolo pur non seguendole completamente.

Brevetti correlati

  • Brevetto n° US-399306, del 1889-03-12, richiesto il 1888-03-16, di Paul E. Wirt, Wirt. Costruzione pennino.
  • Brevetto n° GB-412610, del 1934-07-02, richiesto il 1932-12-30, di Edward S. Wood, Leon H. Ashmore, Esterbrook. Pennino intercambiabile.
  • Brevetto n° US-2019734, del 1935-11-05, richiesto il 1934-12-08, di Salomon M. Sager, Sager. Pennino centrale.
  • Brevetto n° US-2208460, del 1940-07-16, richiesto il 1938-02-21, di David Kahn, Mack Seyforth, Wearever. Costruzione pennino.
  • Brevetto n° US-2289963, del 1942-07-14, richiesto il 1940-10-24, di Benjamin W. Hanle, Eagle. Pennino intercambiabile.
  • Brevetto n° US-2316478, del 1943-04-13, richiesto il 1941-10-21, di Norman E. Weigel, Wearever. Costruzione punta pennino.
  • Brevetto n° GB-569286, del 1945-05-16, richiesto il 1943-11-16, di Arthur E. Andrews, William F. Johnson, Mentmore. Pennino a tre fenditure.
  • Brevetto n° US-2422351, del 1947-06-17, richiesto il 1944-12-23, di Benjamin W. Hanle, Eagle. Pennino intercambiabile.
  • Brevetto n° US-2431015, del 1947-11-18, richiesto il 1943-11-16, di Arthur E. Andrews, William F. Johnson, Mentmore. Pennino a tre fenditure.
  • Brevetto n° GB-656673, del 1951-08-29, richiesto il 1948-09-27, di Edward Stephen Sears, Swan. Pennino intercambiabile.
  • Brevetto n° GB-729639, del 1955-05-11, richiesto il 1951-03-01, di Edward Stephen Sears, Swan. Pennino intercambiabile.
  • Brevetto n° US-2811948, del 1957-11-05, richiesto il 1954-06-06, di David Kahn, Morris Levy, Wearever. Pennino intercambiabile.
  • Brevetto n° FR-1156940, del 1958-05-22, richiesto il 1956-07-13, di Umberto Legnani, LUS. Pennino intercambiabile.