Produttori minori italiani

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Molte delle informazioni di questa pagina sono ricavate dalla lettura del libro La storia della stilografica in Italia, 1900-1950, di Letizia Iacopini, e dalle informazioni dell'Archivio di Stato relative alla registrazione dei marchi di fabbrica. Le informazioni restano comunque incomplete e frammentarie, date le scarsissime fonti storiche disponibili e la scarsa documentazione rimasta anche a causa delle distruzioni belliche, al riguardo dei produttori di penne stilografiche italiane.

Un elenco delle ulteriori fonti esterne utilizzate nella stesura delle pagine di queste aziende sono le seguenti, recuperate dall'Internet Archive e relativa ad articoli pubblicati su rivista, per lo più "Penna Magazine", ma si deve tener conto che alcune delle informazioni pubblicate su questa rivista sono risultate in un secondo tempo assai poco attendibili:

  • [1] Alcuni marchi italiani di penne scolastiche
  • [2] Articolo di Penna Magazine sulla Pensar
  • [3] Articolo su una penna Edelweiss di presunta produzione Omas
  • [4] Articolo di Penna Magazine con cenni sulle produzioni antiche di alcuni noti negozi


Asco

 
Una Asco.

La ASCO nasce come sottomarca della Aurora nel 1929, più o meno in contemporanea con la sorella Olo e con l'uscita delle Duplex in celluloide. La nuova sottomarca, abbreviazione del nome "Advertising Service Company", nacque nella strategia di diversificazione dell'offerta adottata dall'azienda, per coprire il mercato degli oggetti di promozione aziendale dedicandosi alla produzione di penne pubblicitarie. In realtà poi le penne ASCO ebbero una diffusione molto più ampia, andando a coprire la fascia più bassa del mercato e la distribuzione via catalogo illustrato.

Come per Olo anche ASCO nacque come marchio completamente indipendente dalla Aurora, ma contrariamente ad essa continuò sempre a restare tale. La commercializzazione delle penne ASCO venne infatti affidata alla "Agenzia Supera", che operava in maniera indipendente avendo una propria sede a Torino, all'indirizzo di Galleria Umberto I.

Sia la scelta del nome inglese, confermata pure dalle incisioni in inglese sul corpo della penna, cercava di catturare (come fecero altre ditte italiane dello stesso periodo) l'interesse del pubblico verso un prodotto che era inizialmente entrato in Italia come prodotto di importazione. Inoltre il nome stesso richiamava i servizi pubblicitari, che era il segmento di mercato cui si rivolgeva la produzione ASCO.

La produzione ASCO era comunque rivolta alla fascia più economica, nel tentativo di realizzare una penna economica in grado di raggiungere il pubblico più vasto, fornendo un oggetto di uso comune e non un bene di lusso. Questo venne garantito attraverso le vendite per corrispondenza effettuate tramite cataloghi ad edizione mensile, ed anche attraverso i cosiddetti propagandisti, in sostanza gli acquirenti stessi che venivano trasformati in agenti di vendita con incentivi in forma di penne omaggio sulla base del volume venduto.

La produzione della ASCO è molto varia e di difficile classificazione nonostante la vendita per cataloghi, dato che la pubblicazione mensile non copriva tutti i possibili modelli. In generale però questi rispecchiano i rispettivi modelli Aurora dello stesso periodo. I modelli iniziali sono sostanzialmente delle rientranti identiche alla A.R.A. 3, marchiate però con il logo ASCO (un rombo orizzontale contenente la scritta A.S.CO.) e le diciture Fountain Pen e Trade Mark riportata su due righe rispettivamente ai due lati.

A queste seguirono penne con caricamento a levetta o a pulsante di fondo, prodotte nei colori rosso, verde, blu ed nell'onnipresente nero. Queste penne sono molto simili alla Duplex, in particolare quelle con caricamento a levetta in cui quest'ultima è identica a quella presente sulla Duplex eccetto che per l'assenza di incisioni. I modelli venivano prodotti in due misure grande e media, denominate Senior e Junior per i modelli a pulsante di fondo e Businnes e Standard per le versioni a levetta.

Nella prima metà degli anni '30 (almeno dal 1933, dato che compaiono in questa brochure) venne introdotta una nuova linea di penne con caricamento a pulsante di fondo, con linee più affusolate ed testa e fondello di forma conica, prodotte sia in celluloide marmorizzata che a tinta unita. Questi modelli vennero sempre prodotti in due dimensioni, grande e media e denominati rispettivamente Modern 23 e Electa 21. A questi si affiancarono, nella seconda metà degli anni '30, modelli prodotti da tubi di celluloide in molteplici colorazioni marmorizzate, di qualità inferiore.

La produzione delle penne ASCO venne interrotta nella seconda metà degli anni '30. Nonostante si tratti di penne rivolte alla fascia più bassa del mercato, la qualità costruttiva ed i materiali restano di ottimo livello, tanto che c'è chi sostiene che la ASCO, più che una sottomarca, debba essere considerata come una linea di produzione indipendente.

Riferimenti esterni

Astura

 
Una Astura 82

Il marchio "Astura" nasce presumibilmente con la ristrutturazione e cambio di nome della The King che da vita alla SAFIS, a fianco del marchio Radius, per la produzione prettamente dedicata alla fascia economica.

La produzione con questo marchio vede una enorme varietà di modelli realizzati con i più vari sistemi di caricamento e le più varie forme, in una sorta di sperimentazione sia tecnica che stilistica. Non è nota una data esatta di inizio di questa produzione, ma il marchio venne registrato dalla SAFIS nel 1936 (Reg. Gen. N. 54056) che in mancanza di indicazioni più precise assumeremo anche come anno di inizio della produzione.

La produzione viene in genere esser stata portata avanti dal periodo che va dagli anni '30 fino alla metà degli anni '50. Pur essendo chiaramente penne di fascia bassa sono interessanti in particolare particolare le versioni dotate di un particolare caricamento a depressione, realizzate in celluloide trasparente.

La produzione a marchio Astura degli anni '30 e '40 è estremamente variegata, con una produzione orientata alle penne economiche ad ampia distribuzione, realizzate in numerosissime varianti di finiture, forme e colori. Negli anni '50 con la crisi causata dall'avvento delle penne a sfera usa e getta vennero prodotti modelli sempre più economici e di bassa qualità.

La produzione Astura pare essere terminata nella seconda metà degli anni '50, cosa avvenuta anche per la Radius, a causa della probabile cessazione delle attività della casa madre SAFIS, probabilmente messa fuori mercato dal successo delle penne a sfera. Non ci sono però documenti attendibili o indicazioni precise riguardo la cessazione delle attività.

Riferimenti esterni

  • nessuno per ora

Caesar

Il marchio, di cui non esiste purtroppo traccia nell'archivo dei marchi, era contraddistinto da un logo costituito dalla scritta "CAESAR" in stampatello all'interno di uno spazio riquadrato a forma di targa, sovrastata dall'aquila imperiale, ed era chiaramente ispirato dal clima di esaltazione dell'impero romano instaurato dalle attività propagandistiche del regime fascista.

 
Una Caesar

Oltre a questo marchio vennero usati altri marchi denominati seguendo la stessa ispirazione come Julianus, Juventus, Italo,[1] anche di questi non esiste alcuna traccia nel database dei marchi dell'Archivio di Stato italiano.

La produzione dei primi anni era rivolta alla fascia più bassa del mercato, con stilografiche a pulsante di fondo prodotte prevalentemente in celluloide sia nera che colorata, e con delle rientranti in ebanite nera con diverse lavorazioni. prodotte prevalentemente coi marchi Juventus e Julianus.[2] Nonostante si trattasse di produzioni di fascia economica, avevano comunque un livello di qualità più che accettabile.

Si riconduce all'azienda anche una produzione su commissione per diversi marchi, in tal caso le penne sono in genere riconoscibili per la dicitura F.R.V. incisa sul serbatoio e sul pennino. L'azienda commercializzava inoltre anche singole parti, pennini ed altri componenti sia per la produzione conto terzi che per i ricambi. In particolare essendo i suoi pennini dotati di un buon rapporto qualità/prezzo capita di trovarli spesso montati su altre penne.

La produzione più antica vede delle flat top che riprendono un maniera esplicita le linee della Duofold, contraddistinte dal marchio Caesar Extra; erano realizzate in due diverse dimensioni, dotate di pennino in oro, e si distinguono per la particolare bellezza dei colori delle celluloide. Una produzione successiva, più semplice e marchiata semplicemente Caesar, vede penne di misura più piccola con pennino in acciaio marchiato sia Caesar (sia con una scritta semplice che con l'uso dell'aquila imperiale) che warranted. Si tratta sempre di penne con fusto e cappuccio cilindrici, ma dotate di una testina svasata con due scalini, una clip curva piuttosto elegante, ed un fondellino zigrinato.

Ceriani

 
Una Electa anni '30/'40.

Le attività della "Officina Meccanica D. Ceriani", azienda con sede a Sesto Calende, hanno origine almeno dal 1932,[3] e vanno fino agli anni '50. Almeno a partire dal 1939[4] l'azienda diventa la "Fabbrica Penne Stilografiche Cav. D. Ceriani" e Letizia Jacopini riporta anche la ulteriore denominazione "Primaria Fabbrica Penne Stilografiche" del Cav. Davide Ceriani.

L'azienda è sempre stata presente sul mercato utilizzando una serie di diversi marchi, il primo di questi, Electa (Reg. Gen. N. 46322), era riservato alla produzione di punta. Oltre a questo marchio (con la variante Electa Extra) l'altro marchio principale usato dall'azienda era Regina (Reg. Gen. N. 46324), a questi si univano i marchi Balilla (Reg. Gen. N. 46323, confermato da una pubblicità del 1931/32), Gloria (Reg. Gen. N. 60704), e Topolino (Reg. Gen. N. 49345) per la produzione di fascia più bassa.

La produzione iniziale prevedeva modelli rivestiti in metallo laminato, rientranti e penne flat top in stile Duofold come buona parte della produzione italiana di quel periodo. Negli anni successivi lo stile continuò a seguire le tendenze generali del mercato italiano, con linee affusolate in stile Doric (o Omas Extra) e clip a rotellina.

Riferimenti esterni

Cervinia

 
Una Cervinia 57 anni '30/'40.

La "Fabbrica Italiana Penne Stilografiche Cervinia" si può ricondurre alle attività di Giuseppe Carboni, titolare del negozio "La stilografica" di Torino. Le attività iniziarono seconda metà degli anni '30, almeno dal 1936, anno della registrazione del marchio (Reg. Gen. N. 54083) da parte di Carboni, il marchio però non viene citato nella voce di della guida Paravia del 1940 in cui compare solo il negozio, con sede in via Nizza, 1 di cui il Carboni compare come titolare. Il negozio compare allo stesso indirizzo, senza il nome di Carboni, anche nella stessa guida del 1948 dove però viene citata esplicitamente anche la "Fabbrica Italiana Penne Stilografiche - Cervinia" con sede in via XX Settembre, 9 sempre a Torino.

La produzione delle penne Cervinia viene ricondotta ad una possibile collaborazione con la Montegrappa sia per le affinità stilistiche, che per il ritrovamento di esemplari in scatole di cartone bianco/rosse analoghe a quelle usate da quest'ultima per i modelli Domino, ma come accade spesso in questi casi non esistono conferme documentali, ed è invece, secondo quanto riportato da familiari di Carboni, da escludere.[5] Si tratta prevalentemente di modelli in celluloide di fascia media, con una clip recante l'incisione del nome della marca.

Si può sempre ricondurre alle attività di Giuseppe Carboni anche la produzione, situata negli anni '40, delle stilografiche a marchio Royal, registrato nel 1946 (Reg. Gen. N. 88945) come The Royal Pen. Si tratta di penne recanti l'incisione del nome Royal sulla clip e sul pennino, e con la stampigliatura Royal Pen - Patented sul corpo. Non è chiaro se vi sia una relazione con il marchio The Royal precedentemente registrato dalla Uhlmann's Eterno (Reg. Gen. N. 14896), si tratta di nuovo di penne economiche, rivolte al mercato studentesco, prodotte però in belle celluloidi anellate e comunque di buona fattura. In particolare sono molto interessanti e ben realizzate le copie della Vacumatic prodotte con questo marchio, sulla cui origine esistono versioni contrastanti.[6]

Riferimenti esterni

  • [8] Discussione sul forum
  • [9] Intervento sul forum

Colorado

 
Una Colorado anellata.

Il marchio Colorado contraddistingue, più che una azienda, una singola penna. A lungo queste penne, anche in considerazione del sistema di caricamento (uno stantuffo tuffante), sono state attribuite alla Omas ma trattasi in realtà di un marchio completamente indipendente, legato alle attività di Orlando Quadretti che ne detiene anche la registrazione del marchio (Reg. Gen. N. 75447).[7]

La creazione della penna è legata alle attività del negozio di Quadretti, risalenti al 1938/39, che si specializzò nella vendita di stilografiche, ed il prototipo della penna, ancora in possesso degli eredi, venne realizzato intorno al 1939. In quel periodo era infatti in voga la moda delle penne "doppie" (moda lanciata dalla Zerollo e proseguita con altri modelli come la Itala) in grado di scrivere con due diversi colori.

A differenza dei due modelli citati la Colorado si contraddistingue per una costruzione a forbice con due mezze penne che scorrono l'una sull'altra fino a disporsi in opposizione a 180°. Passando il cappuccio da una parte all'altra era quindi più veloce passare da una scrittura all'altra. Inoltre il meccanismo di incernieramento a forbice alla fine si può considerare meno delicato rispetto ai ben più complessi meccanismi degli altri modelli citati.

Della penna, realizzata in celluloide si conoscono la versione nera (la più comune) e delle versioni anellate nei colori grigio e rosso/marrone o screziate (grigio e marrone). La produzione avveniva comunque in proprio anche se i pennini erano acquistati da una ditta di Bologna a fatti marchiare "Quadretti". La produzione comunque, visto il rapido passare della moda, fu piuttosto ridotta, sia in termini di esemplari che di estensione temporale, cosa che rende la penna alquanto rara.

Benché la Colorado sia l'unico modello con questo nome, è nota una ulteriore produzione marchiata "Quadretti" risalenti probabilmente ai primi anni '40, costituita da penne in celluloide con pennino ordinario, anch'esso marchiato "Quadretti". La produzione pare essersi definitivamente interrotta nel dopoguerra.

Riferimenti esterni

  • [10] Articolo sul sito dismesso di "Penna Magazine"

Ercolessi

Il marchio E. E. Ercolessi nasce dalle attività commerciali di Edgardo Ercolessi e della moglie Elvira, che nel 1921 fondarono una attività di rivendita di materiale da scrittura con due importanti negozi nelle vie centrali di Milano. Non si tratta quindi propriamente di una azienda produttrice di stilografiche, e non sarebbe quindi corretto annoverarlo fra i produttori, ma dato che questo marchio è stato utilizzato per coprire una produzione molto ampia, effettuata dalle principali aziende costruttrici italiane, si è ritenuto opportuno trattarlo esplicitamente.

 
Una Ercolessi di produzione Radius

Pare che Edgardo Ercolessi fosse legato da rapporti di parentela con Eugenio Verga, fondatore della Columbus e da rapporti di amicizia con Armando Simoni fondatore della Omas. Grazie a queste sue conoscenze fu in grado di affrontare con successo il mercato degli strumenti di scrittura e la sua azienda si espanse con diversi negozi a Milano, fino al centralissimo Corso Vittorio Emanuele. Nella sua attività Edgardo Ercolessi iniziò a proporre nei suoi negozi delle penne marchiate esplicitamente con il suo nome. Non è chiaro se all'origine di questa attività di produzione siano state esigenze promozionali o la necessità di distinguersi sul mercato, ma a lungo l'azienda dette vita a produzioni con il suo marchio.

Le prime penne marchiate Ercolessi, realizzate agli inizi degli anni '20, erano delle rientranti in ebanite, sullo stile della Waterman 42, quasi certamente prodotte dalla Columbus. A queste si aggiunsero in seguito modelli con caricamento a levetta. A queste seguirono penne in stile Duofold in celluloide colorata, prodotte presumibilmente, come la gran parte delle penne degli anni '30 a marchio Ercolessi, dalla Omas.

A queste seguirono poi altri modelli, denominati Serie 50, derivati dalla Minerva Ellittica con caricamento a pulsante di fondo e realizzati nelle stesse misure di questa e con la stessa numerazione, adottata copiando lo schema usato dalla Waterman: la 52½ V (corta e sottile, da signora, ad anello), la 52½ (media e sottile), la 52 (media) e la 55 (grande). Le penne però presentavano, rispetto alla versione originale, una decorazione con tre anellini e diverse colorazioni della celluloide.

A questa linea si affiancava una più linea raffinata, derivata dalla Minerva Ellittica con caricamento a levetta, anche questa prodotta con colorazioni inusuali per la versione originale. Come ulteriore testimonianza di una produzione affidata in gran parte alla Omas vennero realizzate anche delle Ercolessi derivate dalla Minerva Classica, sia nella versione con caricamento a levetta che in quella con caricamento a stantuffo, anche in questo distinte da diverse colorazioni della celluloide e dalla presenza di tre verette sul cappuccio.

Alle linee in celluloide si affiancarono pure delle versioni rientranti decorate con elaborati rivestimenti in metallo, di nuovo denominate secondo lo schema di Waterman con i numeri 42, 42½ e 42½ V, di probabile produzione Columbus. Sempre di produzione Columbus era il modello denominato Velox, simile ai modelli Columbus Extra lisci, con clip a rotellina e due anelli di diverso spessore sul cappuccio.

Solo a partire dagli anni '40 la collaborazione con Omas e Columbus cessò, probabilmente a causa delle difficoltà negli approvvigionamenti di celluloide. Allora la Ercolessi si rivolse alla Ancora, che produsse per l'azienda dei modelli con caricamento a stantuffo denominati Ercolessi 62 e Ercolessi 65, derivati dalle versioni economiche della Lusso.

Nel periodo bellico e dell'immediato dopoguerra le difficoltà economiche restrinsero le vendite degli articoli di lusso ed anche la Ercolessi si adeguò con la produzione di modelli più economici, commissionati in questo caso alla Montegrappa e alla Radius, in particolare da quest'ultima venne prodotta la cosiddetta Serie 70, derivata della Radius Extra affusolata.

Negli anni successivi, con la crisi della stilografica e l'ingresso sul mercato della penna a sfera usa e getta, la Ercolessi cessò completamente la produzione di penne stilografiche a marchio proprio, restando attiva soltanto nell'attività commerciale con i negozi di Milano, che anche oggi sono un punto di riferimento per gli appassionati di stilografiche di quella città.

Riferimenti esterni

  • nessuno, per ora

Estense

 
Un set Estense

La Estense, o meglio, secondo la dicitura completa (ed il marchio registrato al Reg. Gen. N. 91570), la Marca Estense, è una azienda di Modena data per attiva dagli anni '30 agli anni '50. Della ditta si hanno pochissime informazioni, non si conosce la data di fondazione, ma solo quella di richiesta del marchio, il 1942, che pone un limite superiore, ma la ditta è probabilmente antecedente di vari anni. Grazie alla registrazione del marchio se ne conosce anche il proprietario, Maria Pozzetti.

L'azienda si distinse per la produzione di modelli economici di qualità media, prodotti, secondo quanto riportato da Letizia Jacopini, nel distretto di Settimo Torinese, e rivenduti con questo marchio. La produzione più antica è composta di penne in celluloide colorata con decorazioni in metallo laminato, pennino in oro e caricamento a pulsante di fondo. Il corpo riporta in genere la stampigliatura Marca Estense con l'incisione dello stemma dei duchi d'Este (un'aquila in una corona d'alloro).

Nel dopoguerra vennero commercializzate anche versioni in resina plastica con caricamento a stantuffo o a siringa. L'azienda è inoltre nota per la produzione di penne di colore bianco o madreperla (in genere in celluloide) rivolte al mercato tradizionale del regalo della prima comunione.

Riferimenti esterni

  • [11] Una discussione sul forum

Fratelli Cavaliere

 
Marchio della Fratelli Cavaliere

Benché non si tratti strettamente di un produttore di penne stilografiche, la Fratelli Cavaliere ha un ruolo significativo nella storia della stilografica italiana, in quanto è agli apici nella lavorazione di rivestimenti laminati che si ritrovano in penne distribuite con moltissimi altri marchi. Pertanto anche in assenza di una produzione marchiata esplicitamente Cavaliere è abbastanza comune trovare penne, come quella in foto a fianco, recanti il marchio dell'azienda: un ferro di cavallo intersecato da un pennino, registrato con la dicitura "Fabbrica penne oro e fermagli".[8] La produzione dell'azienda si può però identificare, anche se meno noto, per il punzone di Linda Darnes (moglie del fondatore Giuseppe Cavaliere) illustrato nell'immagine sottostante.

 
Punzone di Linda Darnes

L'azienda aveva sede a Milano, in via Cesare da Sesto 12 ed è attiva nella produzione di stilografiche dagli anni '20 agli anni '50. Non ne è nota una data di fondazione, Letizia Jacopini indica la metà degli anni '20, ed una denominazione completa di "Prima Fabbrica Nazionale Penne Oro e Matite", ma secondo quanto riportato in questa pagina sarebbe stata fondata nel 1912. Si trovano suoi rivestimenti su penne di aziende più famose come Montblanc, Kaweco, Astoria, Waterman, Columbus, ed altre meno note come Omega, Europa, Aurea. I cataloghi dell'azienda riportano centinaia di motivi e decorazioni disponibili.

 
Una busta del gennaio 1928

Oltre ai rivestimenti prodotti per altri si ritiene che l'azienda sia legata ad una produzione diretta sotto vari marchi. Fra questi il principale è probabilmente Universal di cui si trovano esemplari marchiati direttamente con il logo dell'azienda, altri sono Ideal e Anglo-Amer; di quest'ultimo marchio (più precisamente della "THE ANGLO AMER fountain pen") la ditta si dichiara rappresentante nella busta illustrata nella a lato, ma ancora non è chiaro se esso abbia una relazione con il marchio Angloamer.

La Fratelli Cavaliere comunque è nota soprattutto per la produzione dei bellissimi rivestimenti realizzati per conto della Waterman, di cui l'azienda divenne ufficialmente il produttore almeno dal 1929 (come risulta da questa fattura), che sono considerati fra i più raffinati dell'epoca. Fra il 1932 ed il 1934[9] i fratelli Cavaliere assunsero anche la rappresentanza esclusiva per l'Italia della Waterman, con il passaggio della stessa alla nuova sede di via Camperio 9. La gestione della rappresentanza venne portata avanti da Carlo e Giuseppe Cavaliere, mentre Aldo continuò a seguire le attività produttive.

La storia più tarda dell'azienda è abbastanza incerta, nell'"Annuario Industriale della provincia di Milano" del 1939 (a pagina 870), e dal 1937 viene riportata come sede viale Papiniano 38 e come proprietario Alessio Cavaliere. Non vi è invece menzione dell'azienda nell'"Annuario generale dell'industria e del prodotto italiano" del 1956 cosa che presumibilmente consente di porre un limite superiore alla chiusura dell'azienda, ma risulta comunque (ad esempio da questo foglietto di istruzioni) che la rappresentanza della Waterman sia stata mantenuta da Carlo Cavaliere almeno fino a metà degli anni '50.

Riferimenti esterni

  • [12] Pagina dismessa sui rivestimenti fatti per la Waterman, datata
  • [13] Discussione sul forum di FountainPen.it su un rivestimento riconducibile all'azienda

Fratelli Rossi Vicenza

La "Fratelli Rossi Vicenza", che viene spesso identificata direttamente anche con l'acronimo "F. R. V.", nacque a Sandrigo, in provincia di Vicenza, nel 1923[10] ad opera di Rinaldo Rossi, un capitano sommergibilista della Regia Marina che aveva lavorato per la Montegrappa, e che volendosi mettere in proprio dette vita all'azienda insieme al fratello, Marcello Rossi. L'azienda assunse inizialmente la denominazione "Fratelli Rossi - Penne Stilografiche e Materiali Pressati" e si lanciò sul mercato con la produzione di stilografiche di fascia medio/bassa ma sempre di buona qualità.

La produzione iniziale venne effettuata prevalentemente usando il marchio Caesar. Il marchio, di cui non esiste purtroppo traccia nell'archivo dei marchi, era contraddistinto da un logo costituito dalla scritta "CAESAR" in stampatello all'interno di uno spazio riquadrato a forma di targa, sovrastata dall'aquila imperiale, ed era chiaramente ispirato dal clima di esaltazione dell'impero romano instaurato dalle attività propagandistiche del regime fascista.

 
Una Caesar

Oltre a questo marchio vennero usati altri marchi denominati seguendo la stessa ispirazione come Julianus, Juventus, Italo,[11] anche di questi non esiste alcuna traccia nel database dei marchi dell'Archivio di Stato italiano.

La produzione dei primi anni era rivolta alla fascia più bassa del mercato, con stilografiche a pulsante di fondo prodotte prevalentemente in celluloide sia nera che colorata, e con delle rientranti in ebanite nera con diverse lavorazioni. prodotte prevalentemente coi marchi Juventus e Julianus.[12] Nonostante si trattasse di produzioni di fascia economica, avevano comunque un livello di qualità più che accettabile.

Si riconduce all'azienda anche una produzione su commissione per diversi marchi, in tal caso le penne sono in genere riconoscibili per la dicitura F.R.V. incisa sul serbatoio e sul pennino. L'azienda commercializzava inoltre anche singole parti, pennini ed altri componenti sia per la produzione conto terzi che per i ricambi. In particolare essendo i suoi pennini dotati di un buon rapporto qualità/prezzo capita di trovarli spesso montati su altre penne.

La produzione più antica vede delle flat top che riprendono un maniera esplicita le linee della Duofold, contraddistinte dal marchio Caesar Extra; erano realizzate in due diverse dimensioni, dotate di pennino in oro, e si distinguono per la particolare bellezza dei colori delle celluloide. Una produzione successiva, più semplice e marchiata semplicemente Caesar, vede penne di misura più piccola con pennino in acciaio marchiato sia Caesar (sia con una scritta semplice che con l'uso dell'aquila imperiale) che warranted. Si tratta sempre di penne con fusto e cappuccio cilindrici, ma dotate di una testina svasata con due scalini, una clip curva piuttosto elegante, ed un fondellino zigrinato.

Nel dopoguerra, finita l'enfasi nazionalistico-autarchica del regime fascista, l'azienda cambiò nome in Pen-Co, abbreviazione di Pen Company Manufacturer, producendo penne sotto marchi diversi: Palladium, Palladiana, Diplomat e Pen-Co, rivolti rispettivamente alle fascia economica, media e alta. I primi due marchi erano usati per penne che riprendevano lo stile tradizionale, prodotte con materiali di qualità più bassa. La fascia intermedia prevedeva una penna in misura unica con linee tradizionali e finiture di medio livello, mentre le Pen-Co erano chiaramente ispirate dalle tendenze del mercato americano, caratterizzate da una clip corta in stile militare e linee molto affusolate.

 
Alcune Pen-Co 53

I modelli più famosi sono però quelli degli anni '50, delle chiare imitazioni dei modelli Triumph della Sheaffer, con pennino conico, linee affusolate e cappuccio metallico in stile Crest. La Pen-Co 53 era il modello di punta dell'azienda, ampiamente pubblicizzata su diversi settimanali, tanto da suscitare la reazione del distributore italiano della Sheaffer.

Ma oltre alle versioni a pennino conico la Pen-Co produsse anche delle varianti con l'ordinario pennino aperto, anche se queste risultano assai meno comuni, ed erano praticamente ignote fino poco tempo fa; ma del resto anche la Sheaffer aveva fatto altrettanto con le varie Admiral o Saratoga. Un esempio di questi modelli è quello illustrato nella fotografia a fianco.

 
Una Pen-Co a pennino ordinario

Nonostante i tentativi di mantenersi a galla in un mercato sempre più ridotto dalla affermazione della penna a sfera usa e getta l'azienda si trovò in sempre maggiori difficoltà economiche e chiuse definitivamente le attività alla fine degli anni '50, il 30 marzo del 1957.

Riferimenti esterni

  • [14] Articolo di Luca Valente sulla storia dell'azienda
  • [15] Articolo su PenTrace sulla storia dell'azienda

Giti

 
Una Giti.

Il marchio Giti nasce negli anni '30 come sottomarca della Tibaldi, dalle iniziali del fondatore Giuseppe Tibaldi, proseguendo una differenziazione della produzione dell'azienda, già presente negli anni '20 con il marchio The GTB Pen London, che commercializzava con questo marchio le sue penne di fascia bassa, caratterizzate comunque da un ottimo rapporto qualità prezzo. E' facile immaginarsi che le ragioni della nascita di questo nuovo marchio siano dovute al cambiamento politico ed all'enfasi nazionalista del regime fascista che avrebbe reso poco praticabile il mantenimento del marchio precedente.

Le prime versioni delle Giti, denominate Giti 939, erano modelli in celluloide con caricamento a pulsante di fondo prodotti in tre misure: grande, media e piccola (da signora), con finiture normalmente in metallo cromato, una, due o tre verette ed una clip a goccia analoga a quella montata sui modelli Infrangibile dello stesso periodo. Essendo una linea economica era possibile scegliere fra pennini in oro, placcati (denominati Similoro) o in acciaio (denominati Durium). A questi si aggiungevano i pennini a spirale in vetro.

Le penne a marchio Giti rimasero in produzione fino a tutti gli anni '50, seguendo le evoluzioni stilistiche dei modelli della ditta principale, con clip più semplici e l'adozione di forme ogivali e l'uso del caricamento a stantuffo. Con il degradare della qualità della produzione Tibaldi anche queste penne divennero sempre meno interessanti.

Riferimenti esterni

  • nessuno, per ora

Goliarda

 
Una serie di modelli Goliarda

La Goliarda nasce nel corso degli anni '20 come sottomarca della Ancora dedicata alla produzione di penne economiche per il mercato studentesco. Si tratta in genere di penne che risultavano essere poco costose rispetto alle corrispondenti marcate Ancora ma comunque eleganti e di buona costruzione. La data esatta di avvio della produzione con questo marchio non è nota, se ne conosce solo il deposito (Reg. Gen. N. 47915) nel 1933.

Le prime penne prodotte con questo marchio erano delle semplici rientranti in ebanite nera cesellata, nello stesso stile "flat top" della Waterman 42. Queste vennero prodotte in quattro diverse misure, e recavano la incisione della dicitura "Goliarda - Marchio Depositato" sul corpo, e non vi era nessun riferimento che potesse ricondurre alla Ancora.

In seguito, all'incirca negli anni '30, venne realizzata una nuova serie di penne in celluloide, con lo stesso stile dei modelli Ancora contemporanei, con finiture sia cromate che laminate in oro molto semplici e un fermaglio scalettato o svasato. Le Goliarda di questo tipo erano di buone dimensioni ed equipaggiate con caricamento a levetta o a pulsante di fondo. Con questi nuovi modelli veniva sempre riportata sul corpo l'iscrizione "Goliarda", ma posta al di sopra del classico logo dell'ancora che ne indicava chiaramente le origini.

Un ulteriore riferimento alla casa madre era presente sui pennini, quelli in oro infatti erano marcati "Warranted", ma come per quelli della Rapid su di essi era presente il logo dell'ancora e le iniziali "G.Z." sui pennini in acciaio invece era presente soltanto la dicitura "Goliarda" in stampatello. La produzione a marchio Goliarda è proseguita, con la stessa modalità di utilizzo per le linee economiche e scolastiche, anche nel dopoguerra e si ritiene sia stata mantenuta fino agli anni '70.

Riferimenti esterni

  • [16] Una discussione sul forum di FountainPen.it

Itala Cromograf

Non solo non è nota una data precisa per la nascita di questa azienda, ma anche l'attribuzione di un periodo è incerta; c'è chi infatti ne fa risalire le origini agli anni '30. La sola data certa relativa a questo periodo è quella della registrazione del marchio (Reg. Gen. N. 54492) nel 1936 da parte di Filippo Giriodi e Livio Campanelli (che in mancanza di indicazioni migliori assumeremo come fondatori) e la registrazione di un brevetto nel 1938, come risulta da un successivo un brevetto francese (nº FR-840819) del 1939.

 
Una Itala Cromograf in celluloide striata grigia

Pare però che, almeno dal punto di vista della registrazione presso la camera di commercio, la data debba essere spostata ai primi anni '40, dato che secondo L. Jacopini risulta la registrazione di una "Società anonima vendita penne bicolore Itala Cromograf" avvenuta a Genova nel 1941 e mantenuta fino al 1954. Non è comunque chiaro se si tratti di un committente per la produzione o semplicemente di società creata, si vocifera, ma finora senza che la voce sia comprovata da una qualunque prova documentale, dallo stesso Armando Simoni,[13] per la commercializzazione del prodotto.

In questo caso infatti più che di una marca separata, si tratta di un singolo modello di penna. La Itala infatti ha prodotto un solo modello, chiamato con lo stesso nome, dotato, come la Zerollo, di un particolarissimo sistema a doppio pennino, che come la sua analoga la rende uno dei modelli di stilografica più complessi sul piano tecnico che siano mai stati realizzati. Benché non vi sia al riguardo nessun documento ufficiale, e nonostante che il marchio non vi compaia neanche indirettamente in nessuna maniera, viene sovente data per scontata la produzione di questa penna da parte della Omas sulla base delle caratteristiche tecniche ed estetiche della stessa.

La Itala infatti riporta soltanto la dicitura Itala Cromograf presente anche sul corpo e sulle confezioni, senza nessun riferimento ad altre aziende. Viene però riportata anche l'esistenza di una penna a doppio pennino prodotta da Simoni, marcata anch'essa dal pallino rosso presente su alcune Itala, il che farebbe supporre una qualche relazione fra le due aziende, che comunque, allo stato delle cose, resta del tutto ipotetica e non suffragata da nessun documento o prova concreta.

Riferimenti esterni

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Kosca

 
Una Kosca in celluloide

L'azienda nasce dalle attività di due imprenditori tedeschi, Paul Kohler e Christian Schaefer, a Pforzheim, in Germania intorno al 1920,[14] e dalle lettere iniziali dei loro nomi nacque quello dell'azienda. Questa era dedicata inizialmente alla produzione di matite meccaniche multimina, in oro ed argento, in grado di cambiare quattro colori.

L'azienda venne comunque gestita principalmente dalla famiglia Schaefer, in quanto Kohler abbandonò l'attività dopo poco tempo. A Milano venne fondata la filiale con la fabbrica italiana, l'apertura della produzione non è nota con precisione,[15] ma da un estratto di un documento del 26 novembre 1923 pubblicato sul libro "I marchi registrati delle Stilografiche Italiane" risulta esservi una succursale italiana con rappresentante Giuseppe Kügler, inizialmente attestata in via Victor Hugo 2, poi trasferita in Corso Vittorio Emanuele 23, ed in seguito in via Conservatorio 6 a Milano (come risulta da questa fattura del 1929 e da un estratto del 30 marzo 1926 pubblicato sul libro "I marchi registrati delle Stilografiche Italiane" in cui si parla esplicitamente di fabbrica). La prima registrazione di un marchio avvenne nel 1929 (Reg. Gen. N. 40298) con un logotipo delle iniziali K&S, non vi è traccia invece del numero di marchio (C.C.I. Milano 937773) presente nella fattura citata. Dello stesso periodo è anche la registrazione dei marchi Spezial (Reg. Gen. N. 40301) e Spezial Super (Reg. Gen. N. 40299). Molto più tardo (richiesto nel 1938) è invece il marchio Record (Reg. Gen. N. 59025), di cui esiste un rinnovo anche nel dopoguerra.

La filiale italiana era diretta da una delle quattro figlie di Christian Schaefer (Margarete Schaefer) che estese ed ampliò con grande successo la produzione oltre alle stilografiche ed alle matite meccaniche, anche ad oggetti in oro e argento come cornici, portacenere, posate speciali, e poi gioielli come gemelli, orecchini e ciondoli, alcuni su marca propria ed altri per grandi gioiellieri. Un altro figlio di Christian Schaefer, Walter Schaefer, diresse una filiale (solo commerciale) in Argentina durante il periodo in cui visse un quel paese (all'incirca dal 1935 al 1950).

Come per la Uhlmann's Eterno la produzione iniziale di stilografiche era principalmente di rivestimenti per penne in ebanite, che sono considerati fra i migliori in assoluto. Si ritiene che la ditta li abbia prodotti anche per conto di aziende terze come Columbus, Omega ed Ercolessi,[16] ed anche per la filiale italiana della Waterman e per la Parker. Almeno per queste ultime due la relazione è accertata, essendo stati rinvenuti sia esemplari di rientranti Waterman che di penne della Parker marcati esplicitamente dalla Kosca.

La produzione della seconda metà degli anni '30 era in celluloide, in tre misure con una clip sfaccettata recante l'incisione Kosca ed una decorazione con una banda a motivi geometrici fra due anellini sottili. La sede originale a Pforzheim è stata chiusa negli anni '60. Invece la fabbrica di Milano, spostatasi in seguito via Cadibona 8A, ha continuato ad esistere a lungo con successo, producendo stilografiche e penne a sfera in oro massiccio negli anni '50, e proseguendo con le sfere e con altri oggetti di oreficeria, quando negli anni '60 le stilografiche sono uscite dalla produzione per l'avvento delle penne a sfera. L'azienda è rimasta nelle mani di Margarete Schaefer fino al 2000, anno della sua morte, ed è stata liquidata l'anno successivo dalla nipote.

Riferimenti esterni

  • [17] Discussione su FPnuts

LUS

La LUS venne fondata nel 1929[17] a Saronno da Umberto Legnani, un esperto operaio meccanico, con la moglie Giuseppina Carnelli, quando licenziato a causa degli effetti della recessione decise di mettersi in proprio a produrre pennini e altro materiale di cancelleria. Il marchio LUS (sigla di Legnani Umberto, Saronno) venne registrato nel 1931.[18] L'attività partì dalla produzione di pennini in acciaio, ma nel 1934 circa, in corrispondenza di un cambio di sede, iniziò una produzione di stilografiche, anche se l'attività principale restava la produzione di pennini e materiale da cancelleria.

La produzione di stilografiche diventò una delle attività principali nel dopoguerra, con la produzione sia di penne di fascia alta che economiche. In particolare l'azienda fu una delle prime, anzi probabilmente la prima, nel 1948, a lanciarsi nella produzione di penne a sfera; il modello Retracto del 1950 è uno dei primi a punta rientrante. L'azienda inoltre possedeva un brevetto (nº US-2902978) del 1955 (assegnato nel 1959) per una cartuccia dotata di pallina metallica interna che facilitasse il flusso di inchiostro. Avendo stabilito una buona posizione sul nuovo mercato l'azienda ebbe un ottimo successo anche negli anni successivi.

Nel 1968 con la morte di Umberto Legnani, subentrò nella conduzione dell'azienda sua moglie Giuseppina Carnelli. L'azienda mantenne la sua connotazione di gestione familiare e vi lavorarono figli e nipoti di Umberto Legnani. Giuseppina Carnelli rimase alla guida dell'azienda fino al 2000, quando morì all'età di 92 anni.[19]

La produzione principale resta comunque quella di penne scolastiche ed economiche di fascia bassa, rivendute da tabaccai, cartolai e pure tramite distributori automatici. L'azienda è tutt'ora presente sul mercato come Mondial L.U.S. Spa.

Riferimenti esterni

  • [18] Articolo di Giovanni Abrate sul sito Pen Trace
  • [19] Pagina dell'azienda sul sito del MILS
  • [20] Discussione sul forum di FountainPen.it
  • [21] Presentazione di una LUS Atomica
  • [22] Articolo che parla del ruolo della moglie di Legnani

Minerva

Le origini del marchio Minerva non sono note con precisione, ma si possono far risalire, ricorrendo alla datazione dei modelli Omas corrispondenti, al periodo fra la fine degli anni '20 e l'inizio degli anni '30, in cui la casa principale produceva i suoi modelli "flat top", di cui esistono degli analoghi marchiati Minerva, sostanzialmente identici se non per l'uso di una clip senza incisioni e dell'uso di questo marchio sul corpo dove veniva riportata l'iscrizione Minerva e Marc. Dep. su due righe. Il marchio comunque venne depositato (Reg. Gen. N. 49356) nel 1934.

In seguito su questi modelli la clip a pallina venne sostituita da una clip con terminazione a spatola, che da allora sarà riutilizzata su altri modelli, a partire dalla Minerva Classica del 1934.

All'inizio degli anni '30 vennero prodotte delle nuove versioni con forme più affusolate, di cui sono note diverse versioni. Un modello è noto in ambito collezionistico come Minerva Ellittica sulla base del nome loro dato da E. Dolcini nel suo libro sulla Omas.

Nello stesso periodo vennero prodotte con marchio Minerva anche delle imitazioni delle Parker Thrift Time, sostanzialmente identiche all'originale se non per la clip a paletta e i diversi colori della celluloide, oltre ovviamente alla marchiatura Minerva e March. Dep. sul corpo, posta sempre su due righe sovrapposte in caratteri maiuscoli.

Del 1934 è l'introduzione della linea denominata Minerva Classica, caratterizzata di nuovo dall'uso prevalente della clip a paletta, e dotata di caricamento a levetta, che venne mantenuta in produzione fino agli anni '40. Il marchio Minerva restò in produzione anche negli anni '50 e '60 con il modello Minerva 60, con caricamento a stantuffo, prodotto prima in celluloide e poi in resina termoplastica. Non sono note produzioni con questo marchio oltre la fine degli anni '60.

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Olivieri

Alla "Fabbrica Italiana di Penne Stilografiche - La Italianissima di Giuseppe Olivieri"[20] fanno riferimento diversi marchi, i più antichi dei quali, almeno in termini di registrazione, sono il marchio Italianissima (Reg. Gen. N. 56890) che venne richiesto nel 1937 nello stesso giorno del tutt'altro che italianissimo Hoower (Reg. Gen. N. 56951). Letizia Jacopini nel suo libro vi associa anche il marchio Atlantica, che però risulta registrato da altri, e pertanto è di dubbia attribuzione, ed i marchi Imperiale e Hoower Superior, che non risultano però sull'Archivio Centrale dello Stato.

 
Pagina di una brochure

E' documentata comunque anche per i marchi Atlantica ed Imperiale, in data 1946 una relazione con la "Fabbrica Italiana di Penne Stilografiche (e orologerie)" del Comm. Giuseppe Olivieri, come emerge dal contenuto di questo volantino per la Fiera di Milano che mostra una penna marcata Atlantica e cita il marchio Imperiale. Il marchio Atlantica, secondo quanto riportato da Enrico De Muro, compare anche in altre pubblicità dell'azienda.

Sono invece senz'altro riconducibili a Giuseppe Olivieri i marchi Longines, registrato nel 1946 (Reg. Gen. N. 76236), e Avoriolina, registrato nel 1940 (Reg. Gen. N. 62727). Tutti i marchi comunque fanno riferimento nei documenti di registrazione solo al nome del proprietario, e non a quello della "Fabbrica Italiana di Penne Stilografiche" che però risulta il nome con cui l'azienda si presentava al pubblico, come risulta da questo catalogo del primo gennaio 1934.[21] Va inoltre notato come nel catalogo citato compaiano anche penne marcate direttamente con il nome Olivieri.

Secondo quanto riportato nel testo "Stilografiche Omas dal 1925 ad oggi" pubblicato dal "Club Internazionale della Stilografica A. Simoni" il marchio Italianissima farebbe parte delle produzioni su commissione della Omas, ma non esiste nessuna conferma documentale di questo fatto. La produzione illustrata nel catalogo del 1934 mostra discreta varietà di penne, sia rientranti laminate, che flat top in stile Duofold sia in ebanite che colorate (quest'ultime chiamate tipo Parker). Non è chiaro invece quanto si possa attribuire ad Olivieri anche il marchio Ideal presente nel citato catalogo che viene citato anche a proposito della Fratelli Cavaliere, ma essendo questo al momento l'unico riferimento documentale disponibile, faremo questa assunzione, sia pure in forma dubitativa.

Benché non sia affermabile con sicurezza, è opinione comune che la Olivieri sia stato un distributore più che un produttore diretto. Le penne marcate Hoower, in genere caratterizzate da finiture metalliche sulle estremità, e caricamento a pulsante di fondo o siringa rovesciata, sono penne di buona qualità prodotte in bei colori di celluloide, e sono molto simili ad alcuni modelli della Olo, cosa che fa pensare ad un collegamento con l'Aurora (una possibile produzione su commissione). La produzione Italianissima è invece più economica, e varia da rientranti in ebanite e laminate, a modelli in celluloide con caricamento a pulsante di fondo.

Riferimenti esterni

  • [23] Presentazione di una rientrante marcata Olivieri
  • [24] Presentazione di una rientrante marcata Ideal
  • [25] Presentazione di una Hoower
  • [26] Presentazione di una Imperiale
  • [27] Altra presentazione di una Imperiale

Olo

 
Pubblicità comprendente una "Olo Gamma 23"

La Olo nasce come sottomarca della Aurora nel 1929, più o meno in contemporanea con la sorella ASCO e con l'uscita delle Duplex in celluloide. La Olo sembra essere stata creata per affrontare il segmento di mercato delle stilografiche di fascia medio bassa, in modo da affiancare alla produzione dei modelli di pregio marcati Aurora delle stilografiche di prezzo inferiore (ed ovviamente meno pregiate) ma sempre di buona costruzione. Il marchio in realtà era stato registrato (Reg. Gen. N. 41031) nel 1929 per tutt'altro: "latte, tè, caffè e surrogati, oli e grassi commestibili, ..., pizzi, ricami, feltri, carte, cartoni, carte per tappezzeria, ecc.".

Nella strategia di diversificazione commerciale attuata dall'Aurora inizialmente la Olo si poneva come marchio del tutto indipendente, da commercializzare attraverso una rete capillare di punti di vendita diversi dalle ordinarie cartolerie. Per questo motivo all'inizio della storia del marchio non vi era nessun riferimento alla casa madre né sulle penne né sui relativi documenti; il produttore era denominato Fabbrica di Penne a Serbatoio Olo e come indirizzo dell'azienda veniva citata una casella postale di Torino.

Questo cambiò solo dopo la metà degli anni '30, quando il ruolo di sottomarca dell'Aurora divenne ufficialmente riconosciuto con la comparsa delle penne Olo nei cataloghi dell'azienda madre, proposte sempre come penne di fascia inferiore, ma con le solite caratteristiche di affidabilità e robustezza.

Non esiste una datazione precisa dei modelli della Olo, anche se in genere si può prendere come riferimento quella associata ai corrispondenti modelli della Aurora di cui costituiscono una sorta di versione economica; sono infatti facilmente riconoscibili per forme, materiali e fermagli del tutto analoghi a quelli dei rispettivi modelli Aurora.

Le prime Olo erano delle rientranti analoghe alle R.A.3 (con clip) e alla R.A.0 (con anellino) marchiate però con il logo Olo (un ellissoide squadrato con la scritta OLO al suo interno) sia sul pennino che sul corpo della penna che sulla sommità del cappuccio. Queste vennero prodotte anche in versione rivestita in metallo laminato oro (marchiate 18 K.R.) sempre nelle due misure precedenti, denominate rispettivamente Tipo 3 e Tipo 0, e con due sistemi di caricamento, il safety ed il pulsante di fondo, queste ultime riprendevano invece forme e fermaglio della A.R.A. 15, anche se le decorazioni utilizzate per il rivestimento sono diverse da quelle dei modelli Aurora.

 
Una Olo pubblicitaria Fiat

A queste prime stilografiche seguirono dei modelli Flat top, molto simili alla Duofold della Parker, sempre prodotti in due misure ed in celluloide nera e colorata. Queste penne sono caratterizzate da una veretta piuttosto ampia sul cappuccio e dal logo OLO inciso sul corpo in prossimità del fondo della penna e sulla sezione pennino. Questi modelli vennero creati in parallelo all'introduzione della Duplex di cui possono essere considerati la versione economica.

 
Una Olo in celluloide anellata

Seguendo i cambiamenti della produzione Aurora anche i modelli della Olo vennero rinnovati nella prima metà degli anni '30, con l'introduzione della Olo Lusso, prodotta in due misure, grande e media, con la stessa clip della Superna fissata sul cappuccio con una testina metallica dotata di un tassello a vite. La penna era realizzata in celluloide tornita dal pieno nei colori marmorizzati e a linee incrociate dei modelli Aurora dello stesso periodo e prodotta sia con finiture cromate che dorate. Il logo OLO era riportato o sulla sezione o sul corpo.

Nella seconda metà degli anni '30 vennero poi introdotti i modelli Olo F ed Olo Gamma, la prima era una penna sfaccettata, che si rifaceva all'analoga versione della Novum. La seconda era una penna di linee più diritte, con un fondello con una copertura di metallo. Entrambe prevedevano l'abbinamento di matite meccaniche.

Negli anni '40 la produzione venne rivista, e venne utilizzata una nuova clip scalettata, non presente sui modelli marcati Aurora, ma utilizzata dall'azienda in altre produzioni economiche. Inoltre con l'introduzione nel 1938 dei pennini in Platiridio anche sulle Olo vennero montati pennini in acciaio o in acciaio placcato oro, marcati OLO, che oltre al logo con l'ellissoide squadrato riportano anche l'anno di produzione.

In questa fattura del 1941, viene citato un modello denominato Olo Flexor, prodotto almeno nella misura grande e media. Non è chiaro a quale modello si faccia riferimento, ma in una pagina di un catalogo Aurora del 1940 pubblicata sul libro di Letizia Jacopini compare una "Flexor" con pennino marchiato Flexor, accanto ad una penna molto simile marchiata Atena. Entrambe hanno una clip sostanzialmente identica a quella presente su alcune versioni delle Summit della serie S.

La produzione di stilografiche a marchio Olo venne sostanzialmente abbandonata nel dopoguerra.

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Omega A.V.M.

 
Una rientrante Omega

Nel 1927 i due fratelli Verga, Alfredo ed Eugenio, che fino ad allora avevano condotto insieme la Alfredo Verga dei Fratelli Verga Snc, proprietaria del marchio Columbus, si separarono. Eugenio rimase proprietario del marchio Columbus, mentre Alfredo fondò una sua nuova azienda, sempre a Milano, in via Rugabella 9, che prese il nome di Omega A.V.M. (registrato lo stesso anno, Reg. Gen. N. 35467), dove A.V.M. è l'acronimo di Alfredo Verga Milano.

Benché non risulti nessuna registrazione, vi sono forti indicazioni che l'azienda sia anche la produttrice del marchio Ardita, un marchio minore usato nella produzione economica, essendo state ritrovate penne marchiate Ardita A.V.M.,[22] caratterizzate dallo stesso acronimo, risultate poi in ulteriori ritrovamenti[23] essere dotate di pennino marcato Omega A.V.M. il che porta a pensare che questo marchio venisse usato dall'azienda per la sua produzione di fascia bassa.

Almeno inizialmente si ritiene che l'azienda abbia mantenuto la produzione di modelli rientranti con rivestimenti in metallo pregiato tipica della produzione iniziale della Columbus. Una produzione di fascia media venne commercializzata con il marchio Vega, a cui veniva aggiunta la denominazione "Ideal Fountain Pen" o "Ideal Super Pen". A questi seguirono modelli in celluloide con caricamento a pulsante di fondo denominati Supernova, ed in seguito anche con caricamento a levetta. Le informazioni al riguardo di questa azienda sono piuttosto scarse, ma la produzione pare essere proseguita anche dopo la guerra, con imitazioni di modelli americani, in particolare è nota una versione di Supernova con una clip molto simile a quella di una Skyline ed una banda larga sul cappuccio come quella presente su alcune Crest e Tuckaway.

Riferimenti esterni

  • [28] Pagina su Pentrace

Pen-Co


Nel dopoguerra, finita l'enfasi nazionalistico-autarchica del regime fascista, l'azienda cambiò nome in Pen-Co, abbreviazione di Pen Company Manufacturer, producendo penne sotto marchi diversi: Palladium, Palladiana, Diplomat e Pen-Co, rivolti rispettivamente alle fascia economica, media e alta. I primi due marchi erano usati per penne che riprendevano lo stile tradizionale, prodotte con materiali di qualità più bassa. La fascia intermedia prevedeva una penna in misura unica con linee tradizionali e finiture di medio livello, mentre le Pen-Co erano chiaramente ispirate dalle tendenze del mercato americano, caratterizzate da una clip corta in stile militare e linee molto affusolate.

 
Alcune Pen-Co 53

I modelli più famosi sono però quelli degli anni '50, delle chiare imitazioni dei modelli Triumph della Sheaffer, con pennino conico, linee affusolate e cappuccio metallico in stile Crest. La Pen-Co 53 era il modello di punta dell'azienda, ampiamente pubblicizzata su diversi settimanali, tanto da suscitare la reazione del distributore italiano della Sheaffer.

Ma oltre alle versioni a pennino conico la Pen-Co produsse anche delle varianti con l'ordinario pennino aperto, anche se queste risultano assai meno comuni, ed erano praticamente ignote fino poco tempo fa; ma del resto anche la Sheaffer aveva fatto altrettanto con le varie Admiral o Saratoga. Un esempio di questi modelli è quello illustrato nella fotografia a fianco.

 
Una Pen-Co a pennino ordinario

Nonostante i tentativi di mantenersi a galla in un mercato sempre più ridotto dalla affermazione della penna a sfera usa e getta l'azienda si trovò in sempre maggiori difficoltà economiche e chiuse definitivamente le attività alla fine degli anni '50, il 30 marzo del 1957.

Riferimenti esterni

  • [29] Articolo di Luca Valente sulla storia dell'azienda
  • [30] Articolo su PenTrace sulla storia dell'azienda

Rapid

 
Una "Rapid" laminata

La Rapid nasce come sottomarca della Ancora verso la fine degli anni '20 quando alle rientranti prodotte direttamente con marchio Ancora venne affiancato questo ulteriore marchio, riservato esclusivamente alle penne realizzate con rivestimenti in metalli preziosi. Le penne Rapid sono caratterizzate dalla marcatura sul cappuccio del nome Rapid e delle lettere "G. Z." all'interno di un rombo.

Sulle penne Rapid vennero utilizzati sia pennini esplicitamente marchiati Ancora, che pennini con la semplice dicitura Warranted, ma facilmente riconoscibili come originali per la presenza di una incisione con il logo aziendale raffigurante un'ancora e le solite iniziali "G.Z." di Giuseppe Zanini, non sono invece mai stati trovati pennini marchiati Rapid.

La produzione delle penne Rapid rappresenta uno degli esempi di lavorazioni di rivestimenti metallici fra le più raffinate ed eleganti dell'epoca, sono infatti presenti, oltre alle più semplici lavorazioni con incisioni regolari o fascette decorative, veri capolavori con incisioni floreali realizzate a sbalzo o lavorazioni traforate con giochi cromatici di contrasto fra oro rosso e oro giallo.

La produzione delle penne marchiate Rapid è proseguita per tutti gli anni '30, periodo a cui si fa riferimento per l'apice della qualità raggiunta dal marchio, proseguendo fino ai tardi anni '40, sia pure con rivestimenti meno elaborati rispetto ai tempi migliori.

Riferimenti esterni

  • [31] Vecchia pagina di Letizia Jacopini, datata

Saratoga

 
Una Saratoga

La nascita di questa azienda origina dalle attività dell'ing. Edoardo Russo Webber, attivo sul mercato italiano della stilografica fin dal 1916 come concessionario italiano della Parker, ed in seguito anche della Astoria, della quale registrò i marchi in Italia (Reg. Gen. N. 27479, Reg. Gen. N. 27562 e Reg. Gen. N. 27563). Nel corso degli anni '30[24] la concessione esclusiva venne però ritirata per motivi non del tutto chiari (è stata avanzata l'ipotesi di una produzione non autorizzata di modelli Parker in Italia commissionati alla Omas), ed egli si associò a Virginio Mengoni, proprietario di un affermato negozio di cartoleria di Milano, dando vita al marchio Saratoga, come testimoniato dalla prima registrazione nota del marchio del gennaio 1941 (Reg. Gen. N. 63047) fatta in comune e dall'uso della particolare clip a freccia la cui forma era stata stata registrata qualche mese dopo da Mengoni (Reg. Gen. N. 63465).

La produzione iniziale della Saratoga, introdotta sul mercato nel 1936,[25] prevedeva tre modelli di qualità, chiaramente ispirati alla Vacumatic della Parker, denominati Maxima, Medium e Standard. I modelli usavano un sistema di caricamento a sfiatatoio analogo a quello del modello imitato,[26] ed erano realizzati in celluloide semitrasparente, che da qualcuno viene attribuita alla Omas essendo le celluloidi e la lavorazione analoghe a quelle usate per i modelli Minerva Classica.[27]

Si trattava di modelli di alta qualità, con pennino in oro bicolore e clip a freccia molto simile a quella della Parker (ma con la parte terminale piatta, come nel marchio citato), che ebbero un buon successo. I due modelli di fascia più alta, Maxima e Medium sono sostanzialmente identici e differiscono solo per le dimensioni. Il modello Standard è di fattura meno pregiata, e negli anni '40 venne anche commercializzato con il marchio Inco (Reg. Gen. N. 63398, registrato anche questo da Mengoni) usato anche per i calamai di inchiostro.

Agli inizi degli anni '40 la società fra Webber e Mengoni si sciolse, presumibilmente alla fine del 1941, quando Webber registrò a suo nome il marchio Saratoga (Reg. Gen. N. 64297), in precedenza registrato insieme a Mengoni, ed ebbe anche termine la produzione delle penne da parte di Omas. Nel 1942 venne richiesto il marchio Aurital (Reg. Gen. N. 65269) usato come sostituto dell'oro per i pennini in lega "autarchica". Edoardo Russo Webber continuò a produrre stilografiche, affidandosi a produttori di minor pregio con un corrispondente calo di qualità delle penne. Nel dopoguerra produsse altre penne, marcate Saratoga-Webber, con caricamento a stantuffo. La produzione andò avanti con modelli a pennino coperto, chiara imitazione delle Parker 51, molto simili agli analoghi prodotti della Radius. Esistono tracce dell'uso del marchio Saratoga almeno fino al 1973 nel rinnovo della registrazione dello stesso.

Anche Mengoni continuò una sua produzione di penne, marchiate in questo caso Saratoga's, sempre di bassa qualità e rivolte al mercato economico, prodotte presumibilmente nel distretto di Settimo Torinese, con stilofori e modelli con caricamento a stantuffo. L'attività proseguì fino al 1957, anno di chiusura delle attività della azienda di Mengoni.

Riferimenti esterni

  • [32] Catalogo del 1938, disponibile presso il sito della PCA (Pen Collectors of America) e l'Internet Archive

Silga

La Silga, acronimo di "Stabilimento Italiano Lavorazione Galalite e Affini", talvolta indicata anche come ("S.I.L.G.A.") si riconduce alle attività di Eugenio Giarola che, almeno dal 1927,[28] come risulta da questa cartolina pubblicitaria, era divenuto rappresentante generale per l'Italia della Kaweco (subentrando alla "A. Norsa & C.").

 
Una fattura dell'azienda di Eugenio Giarola

Le origini dell'azienda non sono chiare, ne lo sono quelle dell'inizio delle attività di Eugenio Giarola, per le quali assumeremo il 1927 (che costituisce un limite superiore), ma è comprovata invece la relazione fra Giarola ed il marchio Helios, da lui registrato in Italia nel giugno 1929 e che viene citato insieme a Kaweco e Ko-Mio in questa fattura, dove si parla anche di una penna Cirene che probabilmente, visto il prezzo, fa riferimento a dei pennini da intinzione.

Si può però ipotizzare che lo "Stabilimento Italiano Lavorazione Galalite e Affini" in quanto tale sia nato fra il 1934 ed il 1935, dato che Eugenio Giarola viene citato come "Giarola Eug. (Kaweco)" nell'"Annuario Generale d'Italia" del 1933 (vedi questa pagina), mentre in quello del 1935 viene citata l'azienda come "Stabil. Ital. Lavor. Galalite e Affini - Ditta Giarola Eugenio" con sede via Archimede, 56 (vedi questa pagina).

E' però ben nota e presente una produzione italiana associata al marchio Helios, che venne richiesto nel 1929 (Reg. Gen. N. 40183) da Eugenio Giarola a Milano. Il marchio è associato (come risulta da questo foglietto di istruzioni), all'azienda Stabilimento Italiano Lavorazione Galalite e Affini ("S.I.L.G.A."). Ma lo stesso foglietto di istruzioni contiene un secondo collegamento diretto con la produzione della Kaweco: le figure del meccanismo a pulsante di fondo in esso raffigurato sono infatti identiche a quelle presenti sul catalogo Kaweco del 1928 citato in precedenza.[29]

 
Penna marcata "Helios Silga"

Letizia Jacopini riporta che l'azienda venne fondata inizialmente con il nome del titolare, che risulta intestatario anche del rinnovo del marchio nel 1942 (Reg. Gen. N. 67263), diventando nel 1937 la "Silga di Eugenio Giarola" (usando quindi l'acronimo del nome esteso), con nome completo "Marca Elios Original ed Elios Special", che manca della "H" iniziale presente invece nella registrazione ufficiale e su tutte le stampigliature, come quella della foto a fianco. In una pagina dell'"Annuario Industriale della provincia di Milano" del 1939 la ditta viene menzionata come "Stabilimento Italiano Lavorazione Galalite e Affini" e ne viene indicata la sede in viale Umbria 62.

Che la produzione fosse legata a rapporti commerciali con la Germania risulta evidente sia dallo stile delle produzioni più antiche, che dalla presenza di marchiature in tedesco, sia sui pennini che sulle stampigliature (Jacopini riporta la dicitura "Helios - Silga / Original Fabrikat"). La produzione iniziale vede modelli a pulsante di fondo in stile flat top chiaramente ispirate alla Duofold (e molto simili alle analoghe Kaweco del catalogo citato), cui seguono negli anni '40 modelli a stantuffo. Dato che nel 1929 la Kaweco fallì e venne rilevata dalla KWG è anche possibile ipotizzare che la produzione di questo marchio sia proseguita in Italia, ma di nuovo non esistono conferme documentali al riguardo. Letizia Jacopini riporta una presumibile cessazione delle attività intorno alla fine degli anni '40.

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Stibi

 
Una S.T.B. produzione Tabo

Con la sigla S.T.B. (acronimo di Stiassi Tantini Bologna), così come con altre sigle molto simili (StyBy, Stibi, EsseTibi) veniva marcata la produzione di seconda fascia (penne economiche) della Tabo, così come si può vedere nella foto riportata a fianco. Non è chiaro l'arco di tempo in cui è avvenuta questa produzione, né le varie tipologie di modelli prodotti, ma il marchio Stibi venne registrato fin dal 1936 (Reg. Gen. N. 54733).

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  • nessuno, per ora

Zemax

La Zemax è una delle molte aziende nate nel torinese, le sue origini esatte non sono note, ma secondo Letizia Jacopini era attiva fin dal 1934 in Via Plana 14A, a Torino data confermata dalla registrazione del marchio in quell'anno (Reg. Gen. N. 49908).[30] La produzione di stilografiche però non è altrettanto sicura come prima attività della ditta dato che esiste una registrazione di un logo di due anni prima.

Il nome dell'azienda deriva direttamente dalle iniziali quello del fondatore, Massimo Zeme, con l'aggiunta di una "x" finale presumibilmente a scopi commerciali, per dare una sorta di internazionalità al marchio. La cosa porterebbe a supporre delle origini antecedenti al periodo di massima enfasi autarchica del regime fascista, ma in realtà la "x" sembra derivare direttamente dall'abbreviazione in Max del nome del fondatore.[31] Una registrazione ufficiale della fondazione dell'azienda è invece del 1939, con la ragione sociale Zeme Massimo e C. Soc. Anonima e la sede in via Ospedale 37, sempre a Torino, ma in quell'anno l'azienda era sicuramente già operativa, come dimostrato dalla registrazione dei marchi e dalla sua presenza nell'Annuario industriale della provincia di Torino del 1937.

 
Pennino di una Zemax con il relativo logo.

La ditta pare essere stata molto attiva nella produzione su commissione, con molti modelli realizzati per conto terzi, commercializzati all'ingrosso prevalentemente nel nord Italia, sotto i marchi più diversi. L'azienda produceva comunque penne di buona qualità, e con finiture molto raffinate ed originali, sia in termini di verette decorate o intarsiate, di intarsi sul corpo o di lavorazioni complesse come sfaccettature ondulate per corpo e cappuccio.

La produzione commercializzata direttamente era caratterizzata dalla marchiatura con la scritta ZEMAX racchiusa fra due loghi dell'azienda. Detto logo era costituito dal monogramma dalle iniziali del fondatore, con una "M" a gambe arcuate a costituire un cerchio insieme al trattino inferiore della "Z", e veniva riportato all'interno di un cerchio anche sui pennini. La cosa interessante è che questo logo risulta registrato fin dal 1932 (Reg. Gen. N. 46102) per degli spruzzatori di profumi denominati Ideal Super Zemax. Fa eccezione il modello Itala, che non riportava sul corpo il marchio ZEMAX ma solo il logo ed il nome ITALA all'interno di un rettangolo.

I modelli venduti direttamente dall'azienda con il proprio marchio vennero prodotti sia in versione liscia (con caricamento a pulsante di fondo) che in versione faccettata (con caricamento a levetta), usando delle celluloidi di buona qualità in colori marmorizzati e anellati e decorazioni molto elaborate in termini di verette ed incisioni. Le clip riprendevano le tendenze del momento, con la classica rotellina in stile Omas Extra (o più precisamente Doric) o a freccia rielaborando quella della Vacumatic, ma esistono anche varianti con forme diverse.

 
Marchiatura di una Itala.

Oltre alla citata Itala, sono noti come nomi riportati sui modelli prodotti sia Extra che Super.[32] La qualità della produzione più antica è eccellente, la produzione successiva tende ad essere meno interessante. Durante la guerra con il periodo autarchico seguendo la tendenza a creare nomi di fantasia per le leghe dei pennini in acciaio, venne utilizzato il nome Durzem (ma esistono eccezioni).

Non è chiara l'evoluzione del marchio nel dopoguerra, ma la produzione è proseguita almeno fino alla fine al 1952 come testimoniato dalla presenza dell'azienda nella guida Paravia di Torino di quell'anno, come risulta da questo estratto. La produzione più tarda viene sovente trovata con pennino marchiato Rexing (Reg. Gen. N. 74156) un marchio usato anche per una produzione di penne stilografiche con diciture in inglese probabilmente destinate al mercato estero.

Riferimenti esterni

  • [33] Presentazione di un modello di piccole dimensioni
  • [34] Presentazione di una Zemax Super
  • [35] Una carrellata di diversi modelli

Zenith

Benché come per la gran parte delle marche minori italiane i dati relativi alla Zenith siano abbastanza scarsi, almeno le origini dell'azienda sono abbastanza chiare: le attività del marchio sono legate alle attività di Giuseppe Morandino, proprietario di una cartoleria a Milano (una fattura del 1930 indica la sede di via Antonio Kramer 22), e grossista di articoli da scrittura,[33] che lo registrò nel 1929 al Reg. Gen. N. 40796.

Non disponendo di dati migliori assumeremo questo stesso anno come data di fondazione dell'azienda, anche se probabilmente le attività sono da considerarsi anche precedenti. Si tratta comunque di un marchio che ha avuto una vita significativa, estendo la sua produzione anche nel dopoguerra, almeno fino agli anni '50.

La produzione Zenith si distingue almeno nei primi anni per delle laminate di buona qualità, probabilmente prodotte su commissione (su alcune di esse sono state ritrovate le marchiature della Montegrappa), prodotte in almeno quattro misure su meccanismi analoghi a quelli della Waterman 42. Le penne riportano spesso la stampigliatura del marchio oltre che sul bordo del cappuccio, anche sulla clip, e sul pennino. Una produzione successiva di laminate, disponibile anche con caricamento a pulsante di fondo, risulta di qualità inferiore.

 
Una Zenith in celluloide

Sembrano sempre di produzione Montegrappa, utilizzando lo stesso caricamento adottato su alcune Elmo, una serie di stilografiche (databili approssimativamente intorno agli anni '30) in celluloide, marcate in questo caso Zenith o Zenith Extra. Più tarda (fra la fine degli anni '30 e l'inizio dei '40) una produzione di penne derivate dai modelli Sirium e Sirium Extra della Giacomazzi, identici ma con stampigliatura Zenith aggiunta.

La produzione è proseguita nel dopoguerra con modelli economici in stile Parker 51, e con rivestimenti laminati di bassa qualità e molto semplici, analoghi alla produzione Kosca del dopoguerra, o imitazioni della Skyline. La ditta risulta registrata (come SAS di Giuseppe Morandino) nell'annuario generale dell'industria del 1956.[34] Non ci sono dati specifici sulla chiusura della ditta, ma nella registrazione del marchio ripetuta nel 1956 (Reg. Gen. N. 129642) viene citata la data del 1963 come cessione definitiva, che assumeremo come data di chiusura della ditta.

Riferimenti esterni

Zerollo

La Zerollo venne fondata nel 1932 da Dante Davide Zerollo[35] a Genova per la produzione di una delle stilografiche più originali siano mai state realizzate, dotata di un particolarissimo sistema telescopico che consentiva di usare alternativamente due penne diverse, contenute in un unico corpo, facendo uscire alternativamente ora l'una ora l'altra.[36] La penna venne protetta, secondo il produttore, da brevetti ottenuti in tutto il mondo, ma di questi sono noti soltanto il brevetto USA nº US-1893130 richiesto nel 1930 in Italia, nel 1931 negli USA e assegnato nel 1933, il British Patent nº GB-397736, riconosciuto il 31 agosto del 1933, ed il brevetto francese nº FR-728038.[37]

 
Una Zerollo.

La Zerollo produsse sostanzialmente, sia pure in un numero notevole di varianti, un solo modello, denominato Duo Color appunto per la particolarità di consentire, avendo al suo interno due penne separate, di scrivere con due colori diversi. Il meccanismo, che riprende la tecnologia delle rientranti è estremamente sofisticato e sopporta tolleranze minime, cosa che rende la penna piuttosto debole sul piano della stabilità meccanica. Attraverso un ingegnoso sistema a vite senza fine le due penne, che sono separate da una lamina metallica agganciata al fondello che la mette in rotazione, vengono fatte scorrere tramite delle scanalature realizzate sul corpo della penna e portate alternativamente dentro e fuori il corpo a seconda della direzione in cui si ruota il fondello.

Per scrivere è necessario estrarre completamente una delle due penne dal corpo, portando l'altra all'interno, in posizione di riposo queste invece devono essere poste alla stessa altezza restando parzialmente sporgenti dalla apertura anteriore, ed in questa posizione è possibile sia chiudere la penna col cappuccio che eseguire il caricamento. Il cappuccio infatti ha il solo scopo di protezione delle punte delle due penne, dato che l'inchiostro non è contenuto nel corpo ma nelle singole penne che sono alloggiate in esso.

 
Pubblicità Zerollo del 1933.

Il caricamento avviene con lo stesso principio del caricamento a fiammifero tramite due forellini presenti sul corpo che in posizione di riposo forniscono un accesso alle barre di pressione che consentono di strizzare i gommini posti su ciascuna delle due penne interne, che contengono l'inchiostro. In questo caso non è necessario avere un fiammifero, dato che la testina del cappuccio monta al suo interno un sottile pernietto di metallo adatto allo scopo; pertanto basta svitarla ed usarla come impugnatura per premere attraverso i forellini laterali.

Le prime versioni della penna vennero realizzate in ebanite, e sono presenti anche versioni rivestite con decorazioni in metallo laminato in oro. La produzione iniziale era sicuramente estremamente ridotta, dato che sono state ritrovati foglietti di garanzia, datati 1933, scritti a mano firmati singolarmente dallo stesso Dante Zerollo. A queste seguirono poi versioni in celluloide realizzate in bellissimi colori marmorizzati, o a venature di legno, e con lavorazioni estremamente raffinate come una particolarissima sfaccettatura a spirale.

Data la qualità e la raffinatezza delle lavorazioni, e la presenza di celluloidi simili, è stata avanzata l'ipotesi che la produzione di queste penne sia stata affidata alla Omas, ma non esiste nessuna prova, riferimento o documento al riguardo che permetta di avvalorare questa ipotesi, e la somiglianza o la qualità delle lavorazioni non possono essere considerate un elemento conclusivo, al più si può ritenere che Zerollo si rifornisse dalla Omas per alcune parti.[38]

L'azienda ebbe un certo successo, e riuscì a commercializzare i suoi prodotti anche all'estero appoggiandosi alla Dunhill per il mercato inglese ed alla Unic per quello francese, ma benché funzionale si trattava comunque di una penna dotata un sistema meccanico molto complesso e delicato, di difficile riparazione, che la rendeva fragile e tutto sommato non molto più comoda da usare rispetto alla semplice e lineare soluzione di portarsi dietro due penne separate. Mantenendo però solo la produzione basata solo su questo particolare modello, e non sapendo produrre ulteriore innovazione, con la caduta dell'interesse riscosso nel periodo iniziale, la Zerollo subì un progressivo declino restando sparendo dal mercato dopo la seconda guerra mondiale.

Per la particolarità delle sue penne, unita alla scarsa produzione ed alla ancora più scarsa disponibilità di esemplari funzionanti, le Zerollo restano fra i modelli di stilografiche più ricercati dai collezionisti, raggiungendo prezzi elevatissimi, anche se alla fine la rilevanza storica dell'azienda, specialmente in rapporto al panorama internazionale, resta tutto sommato relativamente marginale.

Riferimenti esterni

  • [38] Articolo su PenTrace
  • [39] Discussione su FPN

Note

  1. questo è quanto riporta Letizia Jacopini nel suo testo.
  2. occorre però precisare che per il marchio Julianus la situazione risulta meno chiara, essendo stata trovata una "penna Julianus" sotto il marchio Superia, anch'esso del tutto assante dal database dell'Archivio di Stato.
  3. si assume questo anno come data di fondazione, ottenuto dalla registrazione del marchio principale Electa, oltre che degli altri due marchi Balilla e Regina, come limite superiore, anche se è probabile che l'azienda sia più antica.
  4. secondo quanto riportato nella registrazione del marchio Gloria.
  5. come riportato in questo intervento sul forum la produzione sarebbe stata interamente interna all'azienda.
  6. nella discussione indicata nei riferimenti viene riportato come dal nipote del produttore siano emerse indicazioni contrastanti, la produzione diretta o la commissione delle stesse alla Tantini di Bologna.
  7. come riportato nel testo di Letizia Jacopini l'attribuzione si deve al lavoro di Gian Stefano Germano che gliela attribuisce nel testo "Storia Universale della Stilografica", ed è confermata dalle testimonianze dirette del figlio di Orlando Quadretti oltre che dai documenti sulla registrazione dei marchi dell'Archivio Centrale dello Stato.
  8. l'immagine si trova sul libro di Letizia Jacopini, dove viene riportato come "Marca di fabbrica, C.P.E. Milano N. 61375" mentre su questa busta viene riportato "C.C.I. Milano N. 61375", però purtroppo non risulta nessun riscontro sull'Archivio Centrale dello Stato.
  9. l'ultima pubblicità rinvenuta che riporta ancora come concessionari la ditta Rag. D. Capra è questa dell'aprile 1932, mentre la prima relativa alla nuova rappresentanza è questa del marzo 1934.
  10. queste informazioni derivano da questo articolo che riporta la presentazione di un libro sulla storia dell'azienda ad opera di Giordano Dellai, Giuseppe Fichera e Leonardo Carlotto.
  11. questo è quanto riporta Letizia Jacopini nel suo testo.
  12. occorre però precisare che per il marchio Julianus la situazione risulta meno chiara, essendo stata trovata una "penna Julianus" sotto il marchio Superia, anch'esso del tutto assante dal database dell'Archivio di Stato.
  13. nel caso sorge comunque spontaneo il dubbio del perché la penna non sia stata prodotta direttamente sotto marchio Omas.
  14. la gran parte dei dati relativi a questa azienda deriva dalla corrispondenza diretta con la bisnipote di Christian Schaefer, che ci ha permesso di correggere gli errori e le imprecisioni precedentemente presenti nella pagina; alcune date, come quella della fondazione, della chiusura della azienda originale tedesca restano comunque indicative, i nomi dei due fondatori risultano anche nel brevetto nº GB-302015 (identico al nº CH-130454) intestato alla Kohler & Schaefer.
  15. in due diverse voci sull'Annuario industriale della provincia di Milano (rispettivamente del 1933 e del 1938) viene riportata come fondata nel 1925, ma queste datazioni si sono diverse volte rivelate poco attendibili, ed essendo presenti indicazioni antecedenti, non ne terremo conto.
  16. la produzione per Ercolessi è stata confermata anche nella corrispondenza diretta con la bisnipote del fondatore.
  17. come riportato sulla relativa scheda nel sito del Museo delle Industrie e del Lavoro del Saronnese.
  18. la data era riportata sulla scheda sul sito del Museo delle Industrie e del Lavoro del Saronnese, ma ora non vi compare più, e nel database dell'Archivio Centrale dello Stato il primo marchio riconducibile a Umberto Legnani è del 1935 (Reg. Gen. N. 50842), e l'unica registrazione del marchio, presente come "Lus Milano", è del 1951 (Reg. Gen. N. 104100).
  19. queste informazioni sono riprese da questo articolo su sito del Museo delle Industrie e del Lavoro del Saronnese.
  20. Letizia Jacopini riporta nel suo libro la sede in viale Regina Giovanna 5 ed un negozio in via Dante a Milano, ma in un catalogo del 1934 viene riportata via Giovanni Omboni 5.
  21. lo stesso che ci consente di assumere il 1933 come limite superiore alla data di creazione dell'azienda, che in mancanza di indicazioni più precise useremo anche come anno di fondazione.
  22. si consulti questo argomento per i dettagli.
  23. dettagliati in questo ulteriore argomento con le relative foto.
  24. il periodo non è del tutto sicuro, dato che almeno fino a dicembre del 1941 si trovano (su L'Illustrazione Italiana) delle pubblicità Parker che riportano la dicitura "Ing. E. Webber & C. Viale Petrarca 24 Milano".
  25. si fa riferimento per questa data, come per altre informazioni, a quanto riportato da Letizia Jacopini nel suo libro "La storia della stilografica in Italia", le tre varianti comunque compaiono in un catalogo del 1938.
  26. inventato, secondo quanto riporta Letizia Iacopini, da Nannelli, e acquistato da Webber.
  27. al solito non esiste nessuna documentazione certa di una tale relazione, che aleggia anche su molti altri marchi.
  28. anno che, in mancanza di indicazioni migliori, assumeremo anche come quello di fondazione dell'azienda.
  29. la pagina in questione, relativa ai modelli a pulsante di fondo Kaweco era presente, alla data 1927, nella sezione storica del sito dell'azienda, che in quello attuale è stata totalmente eliminata.
  30. il 1934 è indicato come anno di fondazione anche nelle due voci relative all'azienda reperite nell'Annuario industriale della provincia di Torino del 1937 e del 1939, ma le date riportate in questi annuari si sono dimostrate inaffidabili in diversi casi e non vanno considerate come conclusive: in mancanza di indicazioni migliori comunque lo daremo per valido.
  31. secondo quanto riportato da Paolo Minjo in questa discussione, sulla base di quanto saputo direttamente dalla figlia di Zeme.
  32. si veda al proposito questa discussione sul forum.
  33. questo è quanto riporta Letizia Jacopini, ed il dato è confermato dalla registrazione del marchio.
  34. sia come produttore di penne che di pennini, vedi questo estratto e quest'altro.
  35. sembra comunque che questi fosse già attivo nel campi della meccanica applicata alla cancelleria, detenendo un brevetto (nº US-1790037) per la sigillazione automatica di lettere, assegnato negli USA nel 1931, ma richiesto fin dal gennaio 1929 in Germania.
  36. l'idea di una penna doppia non è comunque così originale, ne compare una già in un brevetto (nº US-1020221) del 1912.
  37. nei brevetti sono citati come inventori Mirko Chelazzi e Dino Frulli, presumibilmente impiegati di Zerollo.
  38. in questo articolo viene citata una ricerca di Luca De Ponti relativa a pennini e clip.